Alluvione Sardegna: gli effetti nella valle del fiume Cedrino a sud di Olbia. Ecco perchè continueremo a rimanere indifesi…

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L’evento piovoso del 18 novembre 2013 ha interessato la Gallura e una zona fino ad alcune decine di chilometri a sud di Olbia. In questa nota si evidenziano gli effetti dell’alluvione nel bacino del Fiume Cedrino (individuato con l’ellisse di colore giallo in figura A) dove è stata realizzata una diga che ha individuato un bacino di accumulo con una capacità di oltre 50 milioni di mc d’acqua (figure B e C) e una quota di sicurezza a metri 103; su un affluente in sinistra orografica è stato realizzato un viadotto lungo una Strada Provinciale (figure D ed E). Il materiale fotografico e i filmati disponibili in rete consentono di ricostruire gli effetti della piena nel bacino del fiume Cedrino in corrispondenza del ponte sulla provinciale tra Oliena e Dorgali dove ha perso la vita l’assistente capo della polizia Luca Tanzi. La ricostruzione fotografica allegata (immagine D) illustra il viadotto e le protezioni spondali costituite da gabbionate prima dell’evento.
Nell’immagine E sono evidenti gli effetti della piena che ha totalmente eroso la copertura vegetale spondale e gravi fenomeni erosivi in destra e sinistra orografica e i gravi danni arrecati dall’erosione idrica che ha quasi completamente distrutto le gabbionate che proteggevano la sponda del viadotto causando il conseguente crollo della massicciata stradale che ha inghiottito il veicolo della polizia. E’ evidente l’inadeguatezza della sistemazione delle sponde del viadotto e la sottovalutazione della portata fluviale in relazione ad un evento eccezionale e la inadeguatezza delle gabbionate a resistere all’impatto del flusso non solo idrico ma contenente un ingombrante e pericoloso materiale solido quali ciottoli di varia dimensione, tronchi d’albero d’alto fusto e all’istantanea erosione e modificazione fisica del substrato di fondazione. Seri problemi si sono verificati anche all’invaso; l’immagine C evidenzia un potente scarico di acqua dall’invaso che viene violentemente immessa nel fiume Cedrino incrementando la portata a valle dell’invaso.
Tale fenomeno non ha interessato il viadotto della Strada Provinciale prima descritto. Le immagini da 1 a 5 illustrano gli effetti della piena a monte della diga sul Cedrino. La foto 2 illustra il viadotto che attraversa il lago, prima dell’evento; la foto 5 evidenzia il grande quantitativo di tronchi d’albero e altri rifiuti accatastati contro il viadotto che è stato pure tracimato come dimostrano numerosi tronchi sul viadotto stesso. L’immagine 4, come la C, evidenzia il potente getto d’acqua immesso da uno degli scarichi a valle dello sbarramento. I tragici avvenimenti accaduti in Sardegna il 18 novembre 2013 sono correlabili, per gravità, rapidità, impreparazione dei rappresentanti delle istituzioni preposte alla sicurezza del territorio e dei cittadini, a quelli che hanno devastato varie parti d’Italia negli ultimi anni, come ad esempio il messinese ionico e tirrenico, le Cinque Terre, Genova e la stessa Sardegna sudoccidentale nell’area di Capoterra, lasciando una scia di detriti, di fango e di vittime.
L’aspetto più tragico è rappresentato dal fatto che gli inadeguati rappresentanti delle istituzioni non hanno capito che sono inadeguati a garantire la sicurezza dei cittadini e che non hanno idea di come riorganizzare una degna difesa del territorio contro gli spietati meteo serial killer che sistematicamente e improvvisamente colpiscono varie e sempre le stesse aree esposte ai potenti cumulonembi. Ancora una volta rilanciamo la nostra proposta scaturita dallo studio multidisciplinare delle varie aree che sono state devastate ultimamente dalle straordinarie precipitazioni piovose rilasciate dai cumulonembi: l’unico modo per difendere almeno la vita dei cittadini è rappresentato da un sistema di allarme idrogeologico immediato integrato da piani di protezione civile locali e di bacino condivisi con la popolazione e ripetutamente sperimentati. Allo stato attuale le Amministrazioni Pubbliche che hanno il dovere di tutelare la sicurezza dei cittadini non hanno messo a punto alcun sistema di difesa e tutela della incolumità degli abitanti delle aree urbane piccole e grandi. Ogni anno e sempre negli stessi mesi, immancabilmente, centri abitati piccoli e grandi vengono colti alla sprovvista dalle bombe d’acqua. Da alcuni anni abbiamo concentrato le ricerche multidisciplinari sul fenomeno cumulonembi-bombe d’acqua-alluvioni devastanti nelle aree urbane al fine di individuare, almeno, un sistema di difesa dei cittadini attuabile immediatamente e con costi molto limitati. Gli studi sugli aspetti idrologici hanno evidenziato che la curva pluviometrica che registra gli eventi piovosi rilasciati dai cumulonembi (breve durata variabile da alcune decine di minuti ad alcune ore con rilascio di enormi quantità di pioggia variabili da qualche decina di mm ad oltre 100 mm all’ora) ha una morfologia tipica che si discosta nettamente dalle registrazioni degli eventi piovosi. Disponendo di un pluviometro che registri i quantitativi di acqua precipitata al suolo ogni 2-3 minuti si è in grado di individuare sul nascere l’evento tipo bomba d’acqua. Disponendo delle registrazioni in tempo reale di una rete di pluviometri è possibile anche delimitare la fascia di territorio che è interessata dal percorso dei cumulonembi. Conoscendo la morfologia del territorio non urbanizzato (e l’ubicazione ed estensione di superfici devastate dal fuoco) ed urbanizzato è possibile individuare i percorsi degli eventuali flussi idrici e fangoso-detritici che possono essere innescati dalle precipitazioni lungo i versanti. Le ricerche effettuate nelle aree devastate dagli eventi alluvionali hanno consentito di individuare il tempo che intercorre tra l’inizio delle precipitazioni tipo bomba d’acqua e il sopraggiungere dei flussi di piena nelle aree urbane tenendo conto della morfologia, uso del suolo ed estensione del bacino imbrifero interessato dalla bomba d’acqua. In particolare sono stati valutati i differenti tipi di impatto che i flussi fangosi e detritici hanno arrecato ai manufatti ubicati lungo le vie di deflusso una volta che è avvenuta l’esondazione in corrispondenza dell’imbocco della parte tombata degli alvei originari. Le ricerche hanno evidenziato che tra l’inizio delle precipitazioni tipo bomba d’acqua e il sopraggiungere dei flussi quasi sempre fangosi lungo le strade ricavate sull’alveo originario dopo la loro tombatura trascorrono diverse decine di minuti sufficienti a mettere in sicurezza i cittadini. In base agli studi effettuati abbiamo verificato che nemmeno con il meteoradar è possibile individuare con l’anticipo di qualche ora la stretta fascia di territorio che sarà eventualmente interessata dal percorso dei cumulonembi. La certezza assoluta che su una ristretta zona è iniziata una pioggia tipo bomba d’acqua si ha solo dopo alcuni minti che i pluviometri adeguatamente impostati evidenzieranno la verticalizzazione della curva pluviometrica tipica di un evento piovoso rilasciato da cumulonembi. In tal modo è possibile individuare all’inizio l’evento tipo nubifragio. Dopo alcuni minuti di registrazione nei vari pluviometri in rete è possibile lanciare l’allarme idrogeologico immediato che deve fare scattare l’attuazione di piani di protezione civile lungo le fasce che obbligatoriamente potrebbero essere attraversate dai flussi di piena dopo varie decine di minuti. In base agli effetti causati da questi fenomeni e alle caratteristiche geoambientali dei bacini imbriferi e alla morfologia dei fondo valle deve essere preventivamente stabilito il tipo di azione da attuare. Ad esempio la eventuale evacuazione delle abitazioni in prossimità dell’alveo all’imbocco della parte tombata o semplicemente l’evacuazione delle strade e dei locali a pianterreno. Per limitare al massimo i danni si propone anche la realizzazione di chiusure stagne di tutte le aperture ubicate al pianterreno in modo da garantire il rapido deflusso delle piene senza intrusione di acqua e fango all’interno dei locali pubblici e privati. Riteniamo che quanto sopra sintetizzato rappresenti una valida soluzione applicabile immediatamente e con costi limitati nelle aree urbane che periodicamente sono state interessate, e che lo possono essere ancora in futuro, da eventi piovosi tipo bombe d’acqua rilasciate da cumulonembi. Per fare un esempio circa i costi degli impianti, il cui funzionamento deve essere autonomo e indipendente dal malfunzionamento della fornitura di energia elettrica e dagli altri inconvenienti che di solito accompagnano i nubifragi, si tenga presente che l’installazione finita in un bacino imbrifero come quello del Rio Fereggiano di Genova verrebbe a costare circa 10.000 Euro, vale a dire il costo di una utilitaria di piccola media cilindrata. Sempre a titolo di esempio, l’esondazione del Rio Fereggiano di Genova che causò sei vittime, avvenne dopo oltre 4 ore che era iniziato l’evento tipo bomba d’acqua, come mostrano chiaramente le curve pluviometriche. Se fosse già stato attivato un sistema di allarme idrogeologico immediato e se fosse stato già predisposto il necessario piano di protezione civile quando si verificò la catastrofe idrogeologica del 4 novembre dell’anno scorso vi sarebbe stato il tempo necessario per mettere in sicurezza la cittadinanza lungo la via Fereggiano. Per fare un altro esempio, la “piccola bomba d’acqua” che ha interessato il centro storico di Napoli il 12 ottobre scorso ha riversato sulla superficie del suolo da circa 40 a circa 60 mm di pioggia in 50 minuti causando seri problemi con allagamenti nelle zone basse costiere e un “originale” fenomeno nella stazione sotterranea di Piazza Garibaldi costituito da una serie di “geysers” d’acqua fognaria che ha allagato la sede dei binari. Si è sfiorato un disastro! L’allagamento della stazione è avvenuto un’ora dopo che era terminata la pioggia. Naturalmente nemmeno a Napoli esiste un sistema di allarme idrogeologico immediato che avrebbe potuto mettere al corrente i responsabili della sicurezza dei cittadini della probabile inondazione parziale della stazione che era già avvenuta nel 2009. Un altro evento prevedibile agevolmente avendo a disposizione un sistema di allarme idrogeologico immediato è quello verificatosi il 9 settembre 2010 ad Atrani, nella costiera amalfitana, quando una piena improvvisa del Torrente Dragone ha inondato la sovrastante strada, ricavata con la tombatura dell’alveo invadendo la Piazza vicino al mare e causando una vittima. L’inondazione è avvenuta dopo circa 50 minuti che era terminata la “bomba d’acqua”; vi sarebbe stato tutto il tempo per fare evacuare la strada e mettere in sicurezza i cittadini. Il sistema di allarme idrogeologico immediato deve completare una serie di interventi eseguibili in tempi brevi e con limitata spesa lungo gli alvei a monte dell’area abitata e all’imbocco dell’alveo-strada per consentire il monitoraggio del deflusso lungo le aste torrentizie.

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