Nelle ultime settimane l’attività sismica al largo del delta dell’Ebro, nel golfo di Valencia (Spagna), è drasticamente diminuita. Da settembre a ottobre, centinaia di scosse (circa 600) fra cui alcune di magnitudo superiore a 4 avevano allarmato fortemente la popolazione. Il progetto Castor, che consiste nello stoccaggio di gas in profondità all’interno di un antico giacimento petrolifero, era stato individuato come il responsabile più probabile dello sciame sismico. In sostanza, l’iniezione di gas in profondità, aveva attivato un sistema di faglie provocando decine di scosse al giorno, in un crescendo di magnitudo. Il 26 settembre, visto il peggioramento della situazione, il governo spagnolo aveva bloccato l’operazione. Da allora i terremoti sono andati via via diminuendo di numero e magnitudo, fino allo scorso 29 ottobre, quando il governo catalano ha disattivato il piano di emergenza sismica per la mancanza di nuove scosse. L’attività è infatti ormai quasi ridotta a zero. Adesso però, il dubbio è sul cosa fare. I cittadini di Vinaros, uno dei paesi della costa più colpiti dallo sciame e contrari fin dall’inizio al Progetto Castor, chiedono la sospensione definitiva delle operazioni di stoccaggio gas. Gli scienziati stanno ultimando una relazione, la cui pubblicazione dovrebbe essere imminente, nella quale si stabilirà con esattezza se lo sciame è stato provocato dallo stoccaggio, ma già in passato molti geologi avevano affermato che la probabilità di una relazione fra iniezione di gas e terremoti era molto alta e che una ripresa delle attività potrebbe causare nuovi terremoti. A dare ulteriore validità all’ipotesi c’è il fatto che nel mese di ottobre, quando le iniezioni erano ferme, l’attività è diminuita fortemente. Il problema è ovviamente anche economico: il danno per un eventuale blocco definitivo del progetto ammonterebbe a più di 1 miliardo di euro.
