Focus sull’alluvione del 18 novembre in Sardegna: la tragedia di via Belgio ad OIbia

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Nel pomeriggio del giorno 18, dopo diverse decine di minuti che nelle aree circostanti e a monte dell’abitato erano iniziate le precipitazioni piovose tipo bomba d’acqua rilasciate da cumulonembi provenienti da sud, in via Belgio si è riversata una quantità enorme di acqua proveniente da ovest che si è incanalata nel fosso che costeggia la strada a nord, invadendo la sede stradale con una altezza superiore al metro e una velocità considerevole (figure 1 e 2).

Figura 1: ubicazione degli eventi accaduti nel bacino del Riu de Seligheddu ( di circa 2800 ettari) su carta topografica dell'inizio del 1900 quando ancora le aree 2 e 3 non erano urbanizzate.
Figura 1: ubicazione degli eventi accaduti nel bacino del Riu de Seligheddu ( di circa 2800 ettari) su carta topografica dell’inizio del 1900 quando ancora le aree 2 e 3 non erano urbanizzate.

Una utilitaria proveniente da via Gran Bretagna con a bordo due coniugi e la loro figlia appena si è immessa in via Belgio è stata trascinata dalla irresistibile corrente con il conseguente decesso di madre e figlia.

Negli abitanti della zona ha destato meraviglia e scalpore l’entità del flusso che ha devastato via Belgio in quanto a monte del rilevato ferroviario il fosso è appena visibile.

La ricostruzione dell’evento, utilizzando le notizie disponibili finora, consente di inquadrare l’evento di piena di via Belgio nel fenomeno alluvionale che poco a monte ha causato danni alla sede stradale di Corso Vittorio Veneto e l’esondazione dell’acqua in destra e sinistra orografica non solo in corrispondenza dell’attraversamento di Riu de Seligheddu ma nella zona abitata già a monte del viadotto (figure 1 e 2).

Figura 2: ubicazione degli eventi accaduti nel bacino del Riu de Seligheddu il pomeriggio del giorno 18 novembre 2013 su foto area recente di Olbia.

Un altro tragico evento si è verificato, sempre nel pomeriggio del 18 novembre, a monte di Olbia  e sempre nel bacino imbrifero del Riu de Seligheddu, lungo la strada che costeggia Monte Pinu (figure 1 e 2). Un auto in transito con tre persone a bordo è precipitata in una voragine, causata dalla distruzione di un viadotto ad opera di flussi detritici provenienti dalla parte alta del bacino imbrifero, che ha una superficie di circa 50 ettari, determinando il decesso dei passeggeri.

In figura 3 la stella rossa individua il viadotto di Corso Vittorio Veneto in corrispondenza del Riu de Seligheddu e la zona abitata a monte dove si è verificata l’esondazione.

Figura 3: ubicazione delle zone nelle quali sono avvenute le esondazioni del Riu de Seligheddu nell’area urbana.

L’acqua fuoriuscita dall’alveo ha completamente smantellato la sede stradale in destra e sinistra orografica del viadotto, come evidenziato dalle immagini. Il flusso riversatosi in destra orografica a valle di Corso Vittorio Veneto è molto probabile che abbia invaso la fascia parallelamente al Riu de Seligheddu per circa  due chilometri fino ad invadere improvvisamente il fosso che delimita a nord via Belgio, dopo essere defluito attraverso il sottopasso del rilevato ferroviario.

L’acqua esondata insieme con quella che defluiva dal versante a sud ovest di via Belgio deve avere provocato una improvvisa e travolgente piena che ha letteralmente spazzato la strada travolgendo l’utilitaria di cui sopra, intorno alle ore 19,00.

L’immagine A di figura 4 illustra il rischio idraulico secondo il PAI (piano regionale del rischio  idrogeologico) con l’individuazione delle diverse classi di rischio previsto:

Figura 4: L’immagine A illustra il rischio idraulico secondo il PAI (piano regionale del rischio idrogeologico) con l’individuazione delle diverse classi di rischio previsto; nell’immagine B, costituente una recente foto satellitare di Olbia, sono schematizzati i principali avvenimenti causati da Riu de Seligheddu nell’abitato di Olbia nella zona di Corso Vittorio Veneto e di via Belgio.

Ri1:  Moderato = danni sociali, economici e al patrimonio ambientale marginali.

Ri2 Medio= sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche. Ri3: Elevato= sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale.

Ri4: Molto elevato= sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione delle attività socio-economiche.

Su tale carta sono schematizzati gli eventi che potrebbero essere avvenuti, secondo la ricostruzione eseguita in base ai dati finora disponibili, che sono riportati anche nell’immagine B costituente una recente foto satellitare di Olbia.

La figura 5 rappresenta uno stralcio della mappa del rischio idraulico del PAI ed evidenzia il sito ubicato alla confluenza di via Gran Bretagna nella via Belgio dove l’acqua esondata dal fosso ha travolta l’utilitaria, con conseguente decesso di due persone.

Come si vede il rischio idraulico previsto considera solo l’eventuale esondazione del Riu de Selingheddu.

Figura 5: Il rischio idraulico secondo il PAI (piano regionale del rischio idrogeologico) in via Belgio: è stato chiaramente sottovalutato.

Il sito del tragico incidente si trova in area Ri2 definita a rischio medio, dove  sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche.

Non è stato valutato uno scenario come quello verificatosi il 18 novembre 2013 per cui ne discende che la via Belgio non rientrava tra le aree che avrebbero dovuto essere allertate per un evento disastroso come invece si è verificato.

Si nota che anche la zona di attraversamento del Riu de Seligheddu da parte di Corso Vittorio Veneto e l’area abitata a monte, dove si è verificata una disastrosa esondazione, non era stata individuata come aree soggetta a rischio idraulico molto elevato dove sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione delle attività socio-economiche.

La ricostruzione corretta dei tragici avvenimenti rappresenta la base per una adeguata elaborazione di piani di protezione civile tesi a salvare, almeno, la vita dei cittadini.

Figura 6: ricostruzione del percorso della perturbazione e dei cumulonembi da sud a nord, secondo i dati pubblicati dalla regione. L’immagine a destra illustra la terminazione nord della perturbazione dove le precipitazioni più significative sono terminate intorno alle ore 18, molte decine di minuti prima che i flussi fangoso-detritici causassero i vari dissesti tra le falde di Monte Pinu e l’abitato di Olbia. La fascia entro la quale sono scorsi i cumulonembi è delimitata dalla isoieta di 53,1mm.

Il disastro accaduto ad Olbia, in base ai dati finora disponibili, evidenzia che solo un appropriato sistema di allarme idrogeologico immediato, in grado di individuare l’evento tipo bomba d’acqua dopo pochi minuti che si è innescato, abbinato con una adeguata individuazione degli effetti attesi in seguito al deflusso idrico, può consentire di attivare una valida difesa della vita dei cittadini.

Si può già sostenere che i potenti flussi di acqua e detriti hanno invaso l’abitato di Olbia dopo molte decine di minuti che era iniziata la precipitazione piovosa rilasciata dai cumulonembi.

Anche i tragici avvenimenti di Olbia evidenziano l’imperdonabile e incomprensibile impreparazione delle strutture pubbliche, dal livello nazionale a quello locale, a tutelare l’incolumità dei cittadini dagli eventi rapidi conseguenti al transito di cumulonembi e al rilascio di precipitazioni piovose tali da causare repentini eventi di piena nelle aree antropizzate ed urbanizzate.

I pochi dati pluviometrici disponibili finora circa l’evento del 18 novembre consentono di affermare che avendo a disposizione un sistema di allarme idrogeologico precoce e un piano di protezione civile adeguato si ha tutto il tempo di mettere in sicurezza la cittadinanza delle zone che possono essere invase dalle acque se già individuate preventivamente e correttamente.

Figura 7: Curve pluviometriche ricostruite con i dati diffusi dalla regione Sardegna che evidenziano le notevoli precipitazioni registrate a sud di Olbia. Nell’immagine a sinistra sono evidenziati in azzurro gli intervalli caratterizzati dalle più significative precipitazioni. Nei dintorni di Olbia, in base ai dati disponibili, le precipitazioni più violente sarebbero terminate intorno alle ore 18. I dati disponibili evidenziano che gli effetti disastrosi si sarebbero manifestati dopo le 17,40 circa a Monte Pinu e a partire dalle 19 circa nell’abitato di Olbia.

Elaborando i dati delle precipitazioni registrate dai pluviometri  del Servizio Idrografico Regionale della Sardegna di Mamone, Padru e Golfo Aranci, in particolare, e i dati finora pubblicati, si evidenzia che  i cumulonembi hanno percorso la fascia orientale della Sardegna da sud a nord, come previsto, e che si sono dissolti all’altezza di Golfo Aranci (figura 6).

Prendendo in esame la curva pluviometrica ricostruita con i dati del pluviometro di Mamone, che si trova circa 37 km a sudovest di Olbia, si vede che vi sono stati almeno due eventi significativi: il primo tra le 7,15 e le 10,16 circa con 120 mm in circa 3 ore e il secondo tra le 13,15 e le 16,24 circa con 150 mm in circa 3 ore (figura 7).

I dati registrati al pluviometro di Padru, che si trova circa 15 km a sud di Olbia, evidenziano sempre due intervalli di precipitazioni molto intense tipiche di pioggia rilasciata da cumulonembi.

E’ probabile che anche nei bacini imbriferi a monte di Olbia, il cui spartiacque inizia circa 5 km a nord di Padru secondo il senso di spostamento della perturbazione,  le precipitazioni abbiano avuto caratteristiche simili a quelle di Mamone e Padru.

Nelle curve pluviometriche di Mamone e Padru è evidente la verticalizzazione che caratterizza i due eventi citati come accade quando iniziano le precipitazioni rilasciate dai cumulonembi. Proiettando questa curva pluviometrica pochi chilometri più a nord, nei bacini imbriferi a monte di Olbia, dove si sono verificate precipitazioni tipo bomba d’acqua e ipotizzando che i dati pluviometrici registrati, e finora non resi disponibili, siano correlabili con quelli di Mamone e Padru, si intravede che i flussi idrici e fangosi possono avere invaso l’abitato di Olbia a partire da circa 2 ore dopo che la curva pluviometrica si sarebbe verticalizzata. Alcune testimonianze evidenziano che il viadotto che è crollato nella zona di Monte Pinu, intorno alle 17,40 era ancora intatto.

A partire da quest’ora potrebbe essersi innescato il deflusso concentrato che ha invaso l’abitato di Olbia in vari punti.

L’indagine eseguita conferma i dati ottenuti con lo studio degli eventi disastrosi che recentemente hanno colpito le Cinque Terre, Genova, Atrani, il messinese ecc. che evidenziano che tra l’inizio delle precipitazioni da cumulonembo e il sopraggiungere dei flussi impetuosi nei fondo valle urbanizzati trascorrono molte decine di minuti e addirittura alcune ore.

E’ proprio da questi dati che è scaturita l’idea di mettere a punto il sistema di allarme idrogeologico immediato che rappresenta l’unica difesa realizzabile celermente e con spesa molto contenuta che sia in grado di salvare la vita dei cittadini che vivono nelle aree urbane che possono essere interessate dai flussi potenti e improvvisi innescati dalle piogge tipo bombe d’acqua che sono rilasciate dai cumulonermbi.

E’ triste affermare che un sistema di allarme del costo di alcune decine migliaia di euro, equivalente a quello di alcune utilitarie, avrebbe potuto evitare la tragica scomparsa di varie persone durante gli eventi alluvionali del 18 novembre 2013 che hanno devastato alcune parti di Olbia.

Naturalmente il sistema di tutela della vita dei cittadini avrebbe dovuto essere completato da un adeguato piano di protezione civile basato su una corretta individuazione delle zone potenzialmente inondabili dai vari eventi.

Dopo questa preliminare ricostruzione ritorneremo ad approfondire gli eventi disastrosi di Olbia man mano che saranno resi disponibili i dati.

Per ora si può affermare, in base agli effetti causati sull’ambiente antropizzato ed urbanizzato, che l’evento è certamente classificabile tra quelli fuori della normalità, tra quelli che modificano il territorio allo stato naturale e che arrecano seri problemi all’ambiente che è stato antropizzato e urbanizzato solo in base alle leggi fatte dall’uomo e non in base alle leggi della natura.

Sappiamo tutti che l’urbanizzazione è avvenuta disinvoltamente anche in aree soggette alle potenti manifestazioni della natura sia in base ad interventi legalizzati amministrativamente dagli uomini stessi sia prima che dopo la loro realizzazione.

E’ inevitabile che in occasione di questi potenti fenomeni naturali si esaltino gli errori umani siano essi cartografici come un PAI che costruttivi come strade, viadotti, dighe, costruzioni per abitazioni e scuole.

E’ inevitabile che dopo un potente fenomeno naturale come quello del 18 novembre 2013 scattino varie indagini della magistratura.

E’ inevitabile anche che quasi niente cambierà in meglio?

E’ inevitabile che i cittadini continueranno ad essere indifesi dai meteo serial killer chiamati cumulonembi come è stato finora nonostante le tante tragedie recenti?

Vedremo.

Certo non si potrà continuare a dare la colpa all’evento eccezionale quando un sistema per salvare le vite è stato individuato e deve solo essere attuato.

Patrizia Esposito, geologa
Franco Ortolani, Ordinario di Geologia
Silvana Pagliuca, CNR-ISAFOM

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