Santa Lucia, i giorni della Merla e La Candelora: l’inverno secondo i proverbi popolari

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Come ci raccontano i nostri nonni, quando non si poteva di certo seguire le previsioni meteo su internet, in tv o via radio, la vita nei campi veniva scandita secondo l’inesorabile scorrere delle stagioni, dai cui fenomeni meteorologici si cercava di capirne molto e di preservarne le manifestazioni nella memoria popolare. Ed ecco che sono nati e sono andati via via diffondendosi nella cultura del popolo detti e proverbi che, almeno allora, venivano seguiti come leggi universali; solo per citarne alcuni: “rosso di sera, buon tempo si spera”, “nuvole a pecorelle, acqua a catinelle”.

Fig.1 - La statua di Santa Lucia in processione a Siracusa
Fig.1 – La statua di Santa Lucia in processione a Siracusa

Proprio oggi ad esempio, 13 Dicembre, si festeggia Santa Lucia (Fig.1), che la tradizione vuole come il “giorno più corto che ci sia”. Contrariamente a quanto si pensa non è oggi il giorno più corto dell’anno, ma, ragionevolmente, il 21 o 22, quando si verifica il solstizio invernale. Il detto “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia” risale a quando, prima del 1582, la sfasatura fra calendario civile e calendario solare era tanto grande che il solstizio cadeva proprio fra il 12 e il 13 Dicembre, rendendo quindi quest’ultimo giorno, il più corto dell’anno. Riformando il calendario secondo accurate osservazioni astronomiche, Papa Gregorio XIII decretò che si passasse direttamente dal 4 Ottobre al 15 Ottobre, togliendo quindi i 10 giorni di sfasatura accumulati negli oltre 10 secoli precedenti. Il solstizio passò così al 21-22 Dicembre (come oggi) ma la festa della santa rimase sempre al 13.

Va comunque rilevato che ancora oggi attorno al 13 Dicembre si ha effettivamente un “accorciamento” delle giornate, nel senso che questo è il periodo dell’anno in cui il Sole tramonta più presto:  per le prime due settimane di Dicembre l’orario del tramonto si mantiene quasi costante, tra le 16:41 e le 16:42 (per una località di media latitudine italiana): perfino prima che al solstizio! Durante il solstizio, infatti, il Sole tramonta un po’ più tardi, circa 3 minuti dopo, alle 16:44, ma anche l’alba è ritardata di alcuni minuti, avendo luogo alle 7:37: in definitiva, pur tramontando dopo, il Sole resta sopra l’orizzonte circa 3 minuti in meno rispetto al giorno 13, e si ha il dì più corto dell’anno.

Fig.2 - Il merlo tra la neve, la cui “variante femminile” è la protagonista del detto popolare
Fig.2 – Il merlo tra la neve, la cui “variante femminile” è la protagonista del detto popolare

I cosiddetti giorni della merla (Fig.2) sono, secondo la tradizione più nota, gli ultimi tre giorni di gennaio (29, 30 e 31). Sempre secondo la tradizione sarebbero i tre giorni più freddi dell’anno. L’origine della locuzione “i giorni della merla” non è ben chiara. Sebastiano Pauli (Modi di dire toscani ricercati nella loro origine; p. 341- Venezia, appresso Simone Occhi MDCCXL, 1740) espone due ipotesi:

«“I giorni della Merla” in significazione di giorni freddissimi. L’origine del quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un Cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni: ne’ quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne’ quali passò sovra il fiume gelato

Secondo la versione più conosciuta ed elaborata della leggenda, “una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di Gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L’ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo e pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo, e così essa rimase per sempre con le piume nere”.

Fig.3 - Il 2 Febbraio, giorno in cui si festeggia la Candelora
Fig.3 – Il 2 Febbraio, giorno in cui si festeggia la Candelora

Anche in questo caso dietro la leggenda c’è sempre un fondo di verità: infatti, nel calendario romano, il mese di gennaio aveva solo ventinove giorni, che probabilmente, con il passare degli anni e della trasmissione orale, si tramutarono in trentuno.

“Quando vien la Candelora, de l’inverno semo fora; ma se piove o tira il vento, de l’inverno semo dentro”. È questo il noto detto popolare riferito al rituale della Candelora (2 Febbraio, Fig.3), introdotto dal patriarca di Roma Gelasio intorno all’anno 474 d.C., in sostituzione della cerimonia pagana dei Lupercali, dalla quale ha conservato qualche ispirazione procedurale. Questo proverbio sta ad indicare che se il giorno della Candelora si avrà bel tempo, si dovranno aspettare ancora diverse settimane perché l’inverno finisca e giunga la primavera; viceversa se lo stesso giorno sarà brutto tempo, allora la bella stagione è ormai vicina.

Numerose sono le varianti dialettali del proverbio, alcune anche molte diverse tra loro, ma tutte accumunate dal medesimo fine: descrivere un momento cruciale dell’inverno, quando sono possibili sia forti ondate di gelo e neve, sia anticipi, anche duraturi, della bella stagione; d’altronde, come recita un altro detto popolare del Basso Lazio: “Febbràr, gliù sol rà ogn vàr” (Febbraio, il sole entra da ogni spiraglio).

 

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