Scoperta la proteina-chiave del morbo di Parkinson: nuove speranze per curarlo

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parkinsonE’ una proteina, nella sua forma ‘aggregata’, la principale sospettata nello sviluppo del morbo di Parkinson. Un gruppo di ricercatori francesi e spagnoli hanno dimostrato che iniettandola nel cervello di topi e scimmie, riesce da sola ad avviare la neurodegenerazione propria della malattia, in uno studio puubblicato su Annals of Neurology. Questa proteina, l’alfa-sinucleina e’ naturalmente presente nelle persone sane, ma non nella forma aggregata, che invece si trova tipicamente nei malati. Ma non solo: nelle forme familiari il gene mutato e’ proprio quello che codifica questa proteina. Ed e’ per questo che, da tempo, ha attirato l’attenzione degli scienziati. Ricerche precedenti hanno gia’ dimostrato la tossicita’ per i neuroni dell’alfa-sinucleina aggregata. Lo studio di Benjamin Dehay dell’Istituto per le malattie neurodegenerative di Bordeaux, e dei suoi colleghi francesi e spagnoli, vuole ora dimostrare che la proteina puo’ ‘fare tutto da sola’, nel far ammalare i neuroni. Per questo gli studiosi, in una prima fase, hanno prelevato alfa-sinucleina dal cervello di persone malate e decedute che avevano donato il corpo alla scienza. Le proteine ottenute, purificate, sono state poi iniettate – nell’area del cervello ‘sede’ della malattia – prima di topi e poi di macachi. La proteina malata ha indotto un cambiamento dell’organizzazione dell’alfa-sinucleina dell’ospite. E il fenomeno si e’ propagato neurone per neurone, innescando prima una disfunzione, poi una degenerazione. Dopo 4 mesi nei topi e dopo 9 mesi nelle scimmie si e’ osservata una degenerazione dopaminergica, fenomeno associato al Parkinson, che ha continuato a progredire nel tempo. In pratica “iniettando nel cervello degli animali piccole quantita’ di proteine umane malate abbiamo scatenato la malattia di Parkinson. E’ la prova che questa proteina e’ responsabile del morbo”, dice Benjamin Dehay che insieme alla sua equipe ha anche dimostrato come la proteina agisca secondo il meccanismo tipico del prione, simile a quello implicato nella malattia di Creutzfeld Jacob. La ricerca, una volta verificati i risultati sull’uomo, potrebbe aprire la strada a cure molto precoci per bloccare il morbo, prima che le aggregazioni proteiche si diffondano nel cervello.

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