Con una media di 13 chili per persona negli Stati Uniti si registra il record mondiale dei consumi di pizza con una quantita’ che e’ quasi il doppio di quella degli italiani che si collocano al secondo posto con una media di 7,6 chili a testa. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione del “forkgate” scatenato dal neo sindaco di New York Bill de Blasio che ha mangiato la pizza con coltello e forchetta e non con le mani come avviene regolarmente negli Usa. La pizza – sottolinea la Coldiretti – e’ nata in Italia con le prime attestazioni scritte che risalgono al 997 e con l’arrivo degli immigrati italiani nel tardo. XIX secolo fece la sua prima apparizione negli Usa dove si e’ rapidamente affermata, anche con curiosi adattamenti locali nella preparazione, negli ingredienti e nelle occasioni e modalita’ di consumo, che hanno purtroppo fatto dimenticare a molti la reale origine. Se in Italia – continua la Coldiretti – si stima che la pizza generi un fatturato di 10 miliardi di euro con oltre 250mila addetti e 50mila pizzerie, il business negli Stati Uniti e’ attorno ai 40 miliardi di dollari con il 93 per cento degli americani che la consuma almeno una volta al mese per una media di 350 slice (le tradizionali fettine) al secondo. Purtroppo di questo mercato – rileva la Coldiretti – quasi niente arriva all’economia italiana anche perche’ si usano quasi sempre ingredienti realizzati negli Stati Uniti, dalla mozzarella prodotta soprattutto nel Wisconsin, in California nello stato di New York alla conserva di pomodoro ottenuta in California dove si stanno diffondendo anche le coltivazioni di ulivi senza dimenticare il diffuso utilizzo di ingredienti molto lontani dal Made in Italy come l’ananas. La perdita del legame della pizza con l’identita’ tricolore e’ un rischio che – denuncia la Coldiretti – corrono moltissimi prodotti Made in Italy per l’esponenziale diffusione sui mercati statunitense e mondiale di alimenti “taroccati” che richiamano nel nome e nell’immagine all’italianita’ senza avere alcun legame con la realta’ produttiva nazionale, dal parmesan al provolone, dal salame Milano alla soppressata calabrese, dall’extravergine pompeian al pomodoro san Marzano. L'”agropirateria” internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, localita’, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realta’ nazionale vale 60 miliardi ed all’estero – sostiene la Coldiretti – sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. Sul piano internazionale questo fenomeno – conclude la Coldiretti – va combattuto cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto ma e’ anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti alimentari.