I Campi Flegrei, dal greco “Flegraios” (ardenti) sono una vasta area di origine vulcanica, situata a nord-ovest della città di Napoli. Qui la Natura ha davvero dato il meglio di sé, affiancando la bellezza del mare all’inquietante e suggestivo fascino dei vulcani…una zona misteriosa, piena di nebbie sulfuree ed esalazioni mefitiche, una zona in perenne movimento, ricca di sorgenti termali, getti di vapore, laghetti eruttivi; una terra unica, in cui i Romani hanno costruito acquedotti, anfiteatri, ville di bellezza incommensurabile. Nel VI libro dell’Eneide, Virgilio racconta l’incontro di Enea con la Sibilla, la sepoltura di Miseno, compagno di Ettore e la discesa agli Inferi, ambientando questi avvenimenti nei Campi Flegrei, a Cuma, a Miseno, sulle rive del lago d’Averno. Le violente attività esplosive e la presenza continua di vulcani hanno, da sempre, alimentato la fantasia degli Antichi, che qui collocano la Terra dei Giganti, la lotta tra Ciclopi e Titani; qui nasce il mito di Ulisse, il culto di Kalypso, il mito di Tifeo e di Encelao, il culto di Ercole che giunge con i suoi buoi rapiti a Gerione e innalza la grande diga per separare il Lucrino dal mare; fino al mito delle divinità infernali. I Campi Flegrei, definiti come “la diletta patria” della civiltà elleno-latina; gli stessi che fecero dire a Goethe: “E’ qui che si resta sbalorditi fra gli avvenimenti della storia e della natura”; occupano una vasta superficie vulcanica composta da ben 24 bocche crateriche, di cui, alcune presentano ancora manifestazioni gassose effusive (Solfatara).
Tutta la zona è vulcanica, ma ha una struttura piuttosto singolare…almeno per chi si aspetta un vulcano con la forma di cono troncato! Ci si trova al cospetto di una superficie ribassata, che forma un semicerchio bordato da numerosi coni e crateri vulcanici. Le aree vulcaniche di questo tipo, di forma più o meno rotonda e sprofondata rispetto al territorio circostante, sono chiamate in vulcanologia caldere, si formano dopo violente eruzioni, nel corso delle quali vengono emessi rapidamente volumi di magma tali da causare collassi, a profondità di decine di chilometri, che si propagano fino alla superficie. L’attività vulcanica dei Campi Flegrei iniziò in corrispondenza dell’odierna area di Cuma, intorno a 50-45.000 anni fa. Si trattò di eruzioni molto violente che colpirono i primi uomini che, fin dalla più lontana Preistoria, occuparono quelle terre, sfidando la violenza della natura, come dimostrato dai ritrovamenti archeologici. I prodotti vulcanici creano condizioni di vita alterne: pur cancellando qualunque cosa al loro passaggio, i terreni diventano poi eccezionalmente fertili, ricoperti da una folta vegetazione; circostanza determinante per uomini che traevano il loro sostentamento esclusivamente dalle risorse territoriali.
Nel Paleolitico, deve essere accaduto proprio questo: un’eruzione molto irruenta, il cui evento principale è datato intorno ai 37.000-40.000 anni fa, ricoprì tutta la Piana Campana di prodotti vulcanici e, durante le fasi esplosive dell’eruzione, si formarono enormi flussi di pomici e ceneri che, spinti dai gas, scivolarono sul terreno, allargandosi fino agli Appennini. I prodotti col tempo si compattarono, formando una roccia leggera e resistente, chiamata Tufo Grigio o Ignimbrite Campana. Intorno a 12.000-15.000 anni fa, la regione fu sconvolta da un altro evento dalle dimensioni catastrofiche che modificò profondamente la morfologia e l’ambiente di tutta l’area, conferendo al Golfo di Napoli la forma che più o meno conserva tutt’oggi. I prodotti coprirono tutta l’area dove ora sorge Napoli, formando i rilievi della collina di Posillipo e del Vomero e col tempo diventarono roccia compatta: il Tufo Giallo Napoletano. L’ultima grande eruzione si ebbe nel 1538, portando alla nascita di una nuova collina craterica: il Monte Nuovo. Attualmente l’area dei Campi Flegrei comprende all’incirca i quartieri napoletani di Agnano e Fuorigrotta, la superficie dei comuni di Pozzuoli, Monte di Procida, Quarto Flegreo e le isole Flegree (Ischia, Procida e Vivara).