Dai personaggi illustri al Regno animale: il fascino dei baffi e il mistero delle loro funzioni

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Non importa se folti, arricciati, corti, lunghi, a spazzola, all’americana, tagliati al livello del labbro o a manubrio. Sono davvero tanti i baffi che hanno segnato la storia della musica, dell’arte, del cinema, dei cartoon: i baffi di Freddie Mercury, leggendario cantante del gruppo rock “Queen”, quelli del grande genio Albert Einstein, quelli misteriosi ed eleganti di Zorro, quelli “comici” di Charlie Chaplin, quelli biondi e rossi degli eroi gallici Asterix e Obelix, i baffi del grandissimo pittore e scultore Salvator Dalì, che se li fece crescere in onore di Diego Velàquez, grande pittore del 600’;  sino a quelli della riproduzione della celebre “La Gioconda” di Leonardo Da Vinci, creata da Marcel Duchamp, che le aggiunse baffi e pizzetto.

Ma il Regno animale è pieno di simpatiche creature con i baffi: Il Tamarino Imperatore, primate della famiglia dei Cebidi, prende il suo nome proprio dai suoi lunghi baffi, molto in voga durante il regno dell’imperatore Guglielmo II di Germania. La buffa scimmietta, diffusa nella foresta tropicale amazzonica, ha lunghi baffi che partono dal muso e raggiungono le spalle. Si può distinguere in 2 sottospecie che differiscono tra loro per la barba sul mento che solo una delle due possiede. Sono molto amichevoli, amano la compagnia umana e, una volta posizionatesi a pancia in su, attendono ansiosamente le carezze dell’uomo.

Le vibrisse, ossia i prodigiosi baffi del gatto, funzionano come una sorta di radar e lo guidano nell’oscurità, facendogli evitare gli ostacoli. Si tratta di peli lunghi, molto sensibili, che gli servono per l’esplorazione tattile dell’ambiente e sono presenti sul labbro superiore, ma anche su guance, arcate sopraccigliari e persino sulla parte posteriore del polso. Ogni gatto possiede circa 24 vibrisse mobili, 12 per ogni lato del muso, disposte su 4 file orizzontali; indispensabili per fargli trovare la strada al buio, per identificare le diverse parti del corpo di una preda appena catturata e per capire come entrare o uscire da un passaggio angusto.

I topi si servono dei baffi per sentire la presenza di un oggetto o di un loro simile, nello stesso modo in cui i primati usano le mani. La corteccia cerebrale di un topo contiene una mappa somato-sensoriale molto dettagliata della regione dei baffi, organizzata topograficamente secondo linee che riproducono l’organizzazione dei baffi sul muso del topo. Ma la Natura non smette di stupirci: Larosterna Inca è un uccello che popola le coste del Perù e del Cile, dal piumaggio veramente unico. E’ facile riconoscerlo con il suo corpo grigio, i baffi bianchi su entrambi i lati della testa, il becco e le zampe rosso-arancio.

Secondo una ricerca, le foche, attraverso i baffi, misurano la grandezza di un oggetto e si orientano nel giudizio relativo alla taglia di una preda…insomma, i baffi per esse, sono come le dita delle mani per gli esseri umani; mentre, stando ad un altro studio, i baffi delle foche fungono da super-sonar, talmente sensibili da riuscire a determinare la forma di un oggetto, captando semplicemente le increspature che esso ha lasciato nell’acqua. Sarebbero addirittura in grado di identificare il percorso di un pesce anche dopo 35 secondi dal suo passaggio, seguendo la scia lasciata nell’acqua.

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