Il beltempo tornato sull’Italia centro-meridionale da alcuni giorni è certamente una notizia positiva per il nostro territorio, stremato dalle precipitazioni abbondantissime cadute in questo inizio 2014. I terreni sono ancora saturi, e sono centinaia le criticità idrogeologiche ancora attive, in particolar modo per frane piccole e grandi. Tutte situazioni che stanno incidendo sulla vita di molte persone, per la chiusura di strade, per la riduzione di carreggiate, per il manto stradale dissestato, per frane attive che minacciano centri abitati. Percorrere in questi giorni tante strade del centro-sud, è un continuo imbattersi in cartelli di pericolo, deviazioni, lingue di fango che hanno invaso parte della strada, rivoli d’acqua che escono da ogni punto dei pendii collinari e montuosi, paesaggi collinari con vistose ferite per distacchi franosi anche molto ampi.
La pausa dal maltempo fa respirare, perché i terreni si asciugano (almeno superficialmente), e soprattutto perché si arrestano i fenomeni più pericolosi, come colate di fango, improvvisi distacchi di colline, eccetera. È infatti quando l’acqua scorre che le frane si muovono. Il ritorno del beltempo congela la situazione così com’è, ma non bisogna abbassare la guardia. I terreni difficilmente si asciugheranno in così pochi giorni, in un periodo dell’anno in cui le temperature (a parte l’anomalia di questi giorni particolarmente caldi) non sono alte, e in cui la durata del giorno è breve. L’arrivo delle prossime probabili precipitazioni potrebbe quindi riattivare i tantissimi fenomeni di dissesto che adesso sono quiescenti (in stand-by ), ma che aspettano solo l’arrivo di nuova pioggia per riattivarsi.
Un lavoro utile di questi giorni di pausa è certamente quello della canalizzazione delle acque, del drenaggio: ripristinare le canale in zone collinari e montane, canalizzare l’acqua per far si che non penetri nei terreni a rischio frana alle prossime piogge. Questo è il minimo. Poi ci sono i lavori di consolidamento e di messa in sicurezza, ma si tratta di operazioni più lunghe e costose, e in molti casi (è quello che sta succedendo in queste ore) ci si deve accontentare di cartelli di pericolo e restringimenti di carreggiata. Nel caso di frane più grandi sono giorni in cui i geologi compiono sopralluoghi per verificarne le dimensioni e la profondità, e per valutare i rischi di coinvolgimento di strade, infrastrutture, abitazioni, nel caso in cui non si siano ancora del tutto mobilizzate.
L’immagine di questi giorni è comunque quella di una zona d’Italia pesantemente colpita dal maltempo delle settimane scorse, e che attende con le dita incrociate il passaggio dei nuovi probabili fenomeni di maltempo, sperando che non si aggrivino situazioni locali di dissesto.
Il tutto mentre il piano di messa in sicurezza del paese richiesto da anni da geologi, gruppi di difesa del territorio, associazione di bonifiche, eccetera, resta un’utopia. La difesa dal rischio idrogeologico non è mai stata una priorità dei governi e non lo è stato neanche quest’anno. E così l’Italia si riempie di cartelli di pericolo, di birilli, di transenne, di strisce rosso-bianche per segnalare punti pericolosi, di toppe poco durevoli sulle voragini apertesi nelle strade, in attesa che arrivi la prossima tempesta, sperando che sia piccola e che vada tutto bene. Un paese rattoppato e con le dita incrociate.