Il primo è stato condotto dai ricercatori dell’università di Washington, che hanno monitorato per quasi 27 anni il sito di Punta Tombo in Argentina, dove oltre 200.000 coppie di pinguini di Magellano risiedono da settembre a febbraio per mettere su famiglia. Qui, ogni anno, i cambiamenti climatici hanno ucciso in media il 7% dei cuccioli: in alcune annate, però, il numero di vittime si è impennato fino a sfiorare il 50%.
Molti pinguini sono morti per fame, ma tanti non ce l’hanno fatta, nonostante gli sforzi dei genitori, perché il piumaggio non era sufficiente a proteggerli dagli eventi climatici estremi. Non essendo dotati di piume impermeabili, i piccoli non resistono alle abbondanti piogge, mentre durante le ondate di calore non possono tuffarsi in acqua per cercare refrigerio.
Il secondo studio porta la firma dei ricercatori francesi del Centro di Ecologia Funzionale ed Evolutiva di Montpellier, che hanno seguito per 13 anni i pinguini di Adelia a Ross Island, in Antartide. A metà della loro attività di ricerca, hanno assistito al distacco di iceberg giganti e hanno sfruttato questa occasione per studiare da vicino la capacità di reazione dei pinguini.
Dalle osservazioni è emerso che gli animali sono in grado di reagire alle alterazioni della banchisa che avvengono in estate in condizioni normali, mentre davanti ad un evento straordinario la loro capacità di procacciarsi il cibo si riduce notevolmente. L’aumento di eventi climatici estremi atteso per il futuro – scrivono i ricercatori – potrebbe quindi stravolgere le previsioni sul destino dei pinguini che sono state fatte finora.