L’Italia è un Paese “in crescente pericolo” di fronte al succedersi delle criticità idrogeologiche ed “è necessario accelerare i tempi per un Piano nazionale di manutenzione del suolo perché, aumentando la fragilità del territorio, non solo si creano irreparabili drammi umani e danni alle cose, ma si pregiudica ormai anche un bene indispensabile per la ripresa economica del nostro Paese”. Lo afferma il presidente dell’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Anbi), Massimo Gargano, rilevando “la persistente disattenzione concreta della politica”.
La fotografia “di un Paese in crescente pericolo” sarà presentata il 18 febbraio a Roma con il Piano per la riduzione del rischio idrogeologico che è “frutto del quotidiano monitoraggio che i Consorzi di bonifica attuano sul territorio nazionale: per ogni regione, in cui abbiamo competenza in materia – annuncia Gargano – presenteremo gli interventi immediatamente cantierabili e le risorse economiche necessarie a prevenire eventi alluvionali e franosi. I progetti sono pronti, servono però scelte, che non dipendono da noi”.
“I primi dati delle nostre elaborazioni – spiega Gargano – dimostrano, per il quinto anno consecutivo, come, in assenza di un piano di interventi, la situazione peggiori in maniera rilevante, incrementando la necessità di risorse per riparare i danni, pari a circa cinque volte quanto servirebbe per prevenirli”. Inoltre, Gargano ricorda che “il 68,9% dei comuni italiani è interessato da aree ad alto rischio idrogeologico, che il 4,5% della superficie italiana è minacciata da frane e il 2,6% è a rischio alluvione; su questo territorio sorgono oltre 6.000 scuole e più di 500 strutture sanitarie”. Infine un’indagine mostra che “quasi il 60% degli italiani indica frane e smottamenti come una delle prime tre emergenze ambientali del Paese”.
Quattro italiani su dieci (il 41%) si sentono minacciati dalle alluvioni e dalle frane sul territorio nazionale dove si contano 6.633 comuni (82% del totale) con parte del territorio a rischio per il dissesto idrogeologico per una superficie di 2.951.700 ettari (9,8% del territorio nazionale). E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Cnr.
“Con i cambiamenti climatici – sottolinea la Coldiretti – è sempre più urgente investire nella prevenzione per un Paese con più di 5 milioni i cittadini italiani che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio. Se in media l’82% dei comuni italiani ha parte del territorio a rischio per frane ed alluvioni, la situazione è peggiore nelle regioni interessate dalla recente ondata di maltempo come la Calabria e la Basilicata dove la percentuale sale 100 per cento, in Toscana e Liguria con il 98 per cento e al 95 per cento in Emilia Romagna”.
In Italia a causa delle frane e delle alluvioni – conteggia Coldiretti – sono morte oltre 4mila persone dal 1960 ad oggi.
Fra il 1960 e il 2012, tutte le 20 regioni italiane hanno subito eventi fatali: 541 inondazioni in 451 località di 388 Comuni, che hanno causato 1.760 vittime (762 morti, 67 dispersi, 931 feriti), e 812 frane in 747 località di 536 Comuni con 5.368 vittime (3.413 morti compresi i 1.917 dell’evento del Vajont del 1963, 14 dispersi, 1.941 feriti). Le vittime dal 1960 a oggi per frane e inondazioni sono state dunque in totale oltre 4 mila, gli sfollati e i senzatetto per le sole inondazioni superano rispettivamente i 200 mila e i 45 mila secondo i dati elaborati dal Cnr-Irpi.
“Eppure negli ultimi 20 anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione – sottolinea la Coldiretti – ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni, ed il ministero dell’Ambiente ha quantificato in circa 8,4 miliardi i finanziamenti statali per politiche di prevenzione, mentre nello stesso periodo sono stati spesi 22 miliardi per riparare i danni causati da frane ed alluvioni A questa situazione di fragilità territoriale non è estraneo il fatto che l’Italia ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono – conclude Coldiretti – che ha tagliato del 15 per cento le campagne colpite da un modello di sviluppo sbagliato e che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole. Ogni giorno, infine, viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio, pari a 288 ettari”.