Probabilmente chi ci è nato e ha sempre convissuto a stretto contatto con un ambiente così particolare, non si rende conto della straordinarietà del luogo in cui abita. Le caldere possono essere luoghi incantevoli, apparentemente tranquilli e decisamente accoglienti; quando la vegetazione colonizza le rocce di questi posti, si genera una sorta di culla verde, entro la quale si può provare addirittura una sensazione di protezione. Se però riflettiamo sul come e sul perché le caldere si sono formate, allora forse, iniziamo a non sentirci più così a nostro agio. Queste depressioni si originano per il collasso dell’edificio vulcanico, a causa del rapido svuotamento della camera magmatica posta al di sotto di esso, o per la rapida effusione di lava o in seguito a violente eruzioni esplosive. Le caldere possono trovarsi in corrispondenza di vulcani estinti, oppure essere in una fase di quiescenza o di attività.
Il buon senso ci direbbe che non è consigliabile costruire case, paesi e città dentro la caldera di un vulcano o sui suoi bordi, a maggior ragione se si tratta di una caldera quiescente, e quindi non classificabile come inattiva. E invece…..
Aogashima. È un’isola vulcanica appartenente all’arcipelago giapponese delle Izu, situata a 358 km da Tokyo, nel Mar delle Filippine. È costituita da una caldera larga 1,5 km, che costituisce il perimetro dell’isola stessa; al suo interno ospita un cono vulcanico di cenere (Muruyama), alto 200 m, originatosi a causa delle eruzioni successive a quella che hanno generato la caldera stessa. Il piccolo centro abitato presente sull’isola si colloca poco all’esterno del bordo calderico, mentre al suo interno si trovano campi coltivati e stabilimenti termali. Osservandola, possiamo notare il fascino di quest’isola, che sembra suggerirci una vita tranquilla in un mondo da favola, che richiama scenari simili a quelli di Jurassic Park. Non dobbiamo però scordarci che si tratta di un vulcano attivo, che ha visto la sua ultima eruzione verificarsi circa 200 anni fa, e protrarsi per ben quattro anni. Durante questo evento vulcanico morirono 140 dei 327 abitanti dell’isola, che attualmente invece, sono circa 200.
Rabaul. Rabaul è una caldera costellata da diversi vulcani attivi, e si trova all’estremità Nord-orientale della Nuova Britannia, in Papua Nuova Guinea. I suoi bordi costituiscono anche la linea di costa, e la sua forma a mezzaluna, da luogo ad un ampio golfo riparato dalle correnti, sede ottimale per la costruzione di un porto, che è infatti stato il più importante e trafficato dell’isola fino all’eruzione del 1994. La caldera (8 x 14 km) si è formata essenzialmente in seguito a due importanti eruzioni: la prima risalente a 7100 anni fa e riconducibile all’attività del vulcano Tavui, la seconda avvenuta circa 1400 anni fa. Al suo interno sorgono, tra gli altri, i vulcani Tavurvur e Vulcan, i quali hanno dato luogo alle eruzioni più recenti. Non lontano da essi, dentro la caldera, sorge anche la città di Rabaul, che, insieme al suo porto ed aeroporto, hanno subito gravi conseguenze durante le recenti eruzioni. Nel 1937 il Tavurvur è entrato in attività insieme ad un altro vulcano della caldera, provocando la morte di 507 persone ed ingenti danni alla città di Rabaul. Nel 1994 una nuova forte eruzione ha costretto la popolazione della regione ad abbandonare la città e a provvedere allo spostamento della capitale, da Rabaul, ad un’altra più sicura dai rischi vulcanici (Kokopo); in questa occasione l’aeroporto è stato completamente distrutto e poi ricostruito altrove. Negli ultimi anni si sono susseguite numerose spettacolari eruzioni, che hanno causato molti danni alla città e alle aree limitrofe: l’ultima di queste è avvenuta nel 2013. Il vulcano Tavurvur è tuttora attivo, e dal suo cratere è ben visibile un pennacchio di fumo alto 50-100 m.
Santorini. Anche l’isola di Santorini (di cui abbiamo parlato recentemente qui) è una caldera tutt’ora attiva, sui cui bordi si affacciano diversi paesi e una brulicante attività turistica. Nonostante si tratti di un luogo di rara bellezza, proprio grazie alla particolare morfologia che la caratterizza, è un luogo strettamente collegato a fenomeni vulcanici violenti, in seguito ai quali si sono originate le diverse depressioni calderiche che hanno forgiato le sue famose scogliere e la sua tipica forma a mezzaluna. Dalle pareti della caldera sono ben visibili le due isole nere che sbucano dal mare, al suo centro; queste si sono generate in seguito all’attività che si è impostata dopo la grande eruzione minoica 2400 anni fa. Le due isole sono giovani, e i prodotti che le costituiscono risalgono al più al 198 a.C, mentre l’eruzione più recente è avvenuta nel 1950. Il vulcano non è affatto sopito, tutt’altro; ne è la prova la recente crisi vulcanica (2011-2012), durante la quale la comunità scientifica ha temuto l’approssimarsi di una nuova eruzione, a causa del cambiamento di numerosi parametri (geofisici, geochimici e deformativi). Fortunatamente questa non si è verificata, e col tempo tutti i parametri sono rientrati nella norma. L’attenzione sul Santorini rimane comunque alta, e la sua attività è costantemente monitorata dagli scienziati di tutto il mondo.
Campi Flegrei. È proprio nel nostro paese che possiamo “vantare” la più grande, e pericolosa, caldera abitata del mondo: i Campi flegrei. Si tratta di una caldera quiescente, con diametro di 12-15 km, entro la quale sono presenti numerosi crateri e molte manifestazioni di vulcanismo secondario (fumarole e sorgenti termali). La sua area si estende a Nord-Ovest della città di Napoli, e al suo interno ospita numerosi centri urbani densamente abitati. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1538, interrompendo un periodo di quiescenza di 3000 anni, ed ha dato luogo al cono di Monte Nuovo, alto 130 m. La storia eruttiva dei Campi Flegrei è caratterizzata da due grandi eruzioni: quella dell’Ignimbrite Campana e quella del Tufo Giallo Napoletano. Si tratta di due eventi estremamente violenti, tanto da aver causato il collasso della struttura dell’antico vulcano, e che hanno contribuito a modellare l’attuale morfologia calderica. È più che evidente che in questa zona l’attività vulcanica sia tuttora attiva: ce lo dicono le numerose fumarole e le sorgenti termali, nell’area della Solfatara, di Agnano, Pozzuoli e Lucrino. La vitalità del sistema è anche testimoniata dal fenomeno del bradisismo che interessa l’area del golfo di Pozzuoli: si tratta di un lento movimento verticale del suolo, in conseguenza dell’aumento o della diminuzione di volume al di sotto della superficie calderica. L’intera area vulcanica è costantemente monitorata, 24 ore su 24, dall’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, grazie all’installazione di strumenti per il controllo della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle emissioni gassose. Inoltre vengono effettuate campagne periodiche per la misura di particolari parametri, che permettano, insieme alle misure fornite in continuo dagli strumenti, l’eventuale insorgenza di fenomeni che indicano la riattivazione del vulcano.
Esistono perciò popolazioni coraggiose che tollerano il pericolo e che, per sfida o per mancanza di scelta, si sono insediate in posti scomodi e pericolosi, ma indubbiamente affascinanti. Queste ereditano storie catastrofiche, minacce ed eruzioni colossali e, in teoria, la consapevolezza del rischio ed il rispetto per la natura e le sue manifestazioni. Tutto questo non può chiaramente prescindere da un impegno serio e concreto degli organi preposti alla mitigazione e alla gestione dei rischi naturali. Chi vive in un luogo potenzialmente così pericoloso, come una caldera, ha sì il dovere di conoscerne i pericoli, ma ha anche il diritto di essere tutelato dalle amministrazioni competenti.