La cicoria (Cichorium intybus), volgarmente nota con il termine un po’ ingeneroso di “bruttona” per via del suo aspetto non particolarmente attraente, è una pianta apprezzata da millenni, che cresce spontanea nei prati, ai margini delle strade, nei terreni argillosi d’Europa, Asia temperata e Africa Settentrionale. Tra le piante spontanee che la natura ci offre a primavera, la cicoria è una delle prime a comparire ed ha una lunga storia alle spalle. Viene citata addirittura, per le sue proprietà medicinali, nel papiro Ebers, il primo trattato medico egiziano risalente al terzo millennio a.C.
Il grande naturalista Plinio il Vecchio, nella sua “Storia Naturale”, ne decanta le virtù nevralgiche, diuretiche, stomachiche e calogoghe. Secondo il famoso medico greco Galeno è “amica del fegato” e “non contrasta allo stomaco”; per questo i medici greci e latini la prescrivevano spessissimo e curavano con essa molte malattie dell’addome. I Romani, durante i pranzi luculliani, insieme con uova di tordi, beccafichi e pavoni, si facevano porgere piatti di cicoria. Apicio la chiamava intuba, condendola con miele. Nelle credenze popolari germaniche era considerata una pianta magica, attraverso la quale si poteva provare il piacere dell’amore, spezzare incantesimi, diventare invisibili e invulnerabili. Per ottenere questi effetti, occorreva però dissotterrare la radice nel giorno di San Pietro e Paolo, avvalendosi di un pezzo d’oro e delle corna di un cervo.
Curioso è l’episodio avvenuto nel 1513, quando Massimiliano Sforza mette in fuga l’armata francese nella battaglia della Riotta. Il popolo milanese esulta per la vittoria, sfilando per la città con aste e pali sui quali erano stati fissati grossi mazzi di cicoria, al grido “Cicoria! Cicoria!”, poiché era noto che essa giovasse alle malattie del fegato. I malati di fegato, in questo caso, erano considerate metaforicamentge le truppe francesi, seccate per la forte sconfitta. Un cronista del tempo raccontava questo episodio: “Tutta Milano gridava: “Duca, Duca, Moro, Moro, Zuchoria, Zuchoria, per quelli che avevano marzo il fidego… et altro non se odiva per Milano se non zuchoria, zuchoria”. Sin dal XVII secolo è impiegata per usi alimentari e, sempre a partire da quel secolo, fu usata anche come surrogato del caffè. Emblematico, a questo riguardo, l’episodio del blocco continentale operato da Napoleone nel 1806 che, vietando ogni importazione di prodotti provenienti dall’Inghilterra e dalle sue colonie, contribuì a diffondere l’uso del caffè di cicoria. Dopo la soppressione del blocco, la pianta cadde nuovamente nel dimenticatoio, ma durante le due Guerre Mondiali tornò drammaticamente di moda per via della scarsità di molti generi alimentari. La cicoria, che nel 1300 il botanico tedesco Conrad di Megenberg chiamò “sponsa solis” (sposa del sole), per via dei suoi fiori che si aprono e chiudono al sole, è stata spesso etichettata come simbolo di povertà negli ultimi secoli, allontanata dalle tavole, e si è persa la pratica di raccoglierla.
Molto saporita, spesso amarognola, da servirsi cruda o cotta, è formata all’80% da acqua e contiene solo 10 kcal/ 100 gr. di parte edibile: è consigliata in caso di digestione lenta e difficile, contribuendo a dare sollievo ed accelerare il processo digestivo, riducendo il fastidioso sintomo della pesantezza; ha proprietà lassative e diuretiche, per cui è efficace nel combattere i problemi di stitichezza e per aiutare i reni a svolgere al meglio la loro funzione filtrante, eliminando più acido urico possibile; ha proprietà antinfiammatorie, in caso di tosse persistente, specialmente se accompagnata da bronchite, congestione nasale e asma; ha una capacità ipoglicemizzante, utile per abbassare i livelli di glicemia nel sangue dei soggetti diabetici e, essendo un ottimo tonico naturale, contrasta la comparsa dei radicali liberi e viene spesso utilizzata in campo dermatologico. La cicoria, tramite depurazione e disintossicamento, stimola le funzioni di intestino, fegato e reni grazie alle sostanze presenti nelle radici che hanno proprietà digestive, ipoglicemizzanti, lassative (purgative), colagoghe facilita la secrezione biliare verso l’intestino) e cardiotonica regola la frequenza cardiaca); dai suoi fiori sono estratti liquidi per curare alcuni tipi di oftalmie, mentre la polpa riduce le infiammazioni, avendo proprietà antiflogistiche. L’inulina, di cui la pianta è ricca, che è responsabile del suo sapore amaro, riduce i rischi di cancro intestinale, il tannino è astringente, disinfettante, ricostituente, disintossicante.
L’inulina, in particolare, è definita prebiotico, in quanto favorisce lo sviluppo della flora batterica positiva del colon (Lactobacillus e Bifidus), batteri utili per l’organismo, facilitando l’assorbimento delle sostante nutritive presenti nei cibi e nelle piante medicinali e combattendo i tumori intestinali; mentre le altre sostanze amare presenti nella cicoria stimolano la digestione, riducono il senso di fame e stimolano la sensazione di pienezza. La cicoria aiuta l’organismo ad assimilare i sali minerali e, secondo studi ancora non confermati, l’acido cicorico è un potente afrodisiaco. Contenendo vitamina A, è molto utile per la salute del nervo ottico e del sistema muscolare, se aggiunta a spremute di carota, sedano e prezzemolo, e, congiuntamente agli ultimi due, sconfigge l’anemia. Un po’ come tutte le piante medicinali, si può utilizzare sotto forma di infusi, decotti o tinture, lessata per poi berne l’acqua di bollitura o cruda nelle insalate, per contrastare la ritenzione idrica e la cellulite, con aggiunta di tarassaco, aglio, limone e olio di oliva per renderla più gradevole; oppure si può optare per il caffè alla cicoria, ottenuto dalla radice tostata e macinata, ottimo se miscelato con malto d’orzo. Per preparare il decotto di cicoria: far bollire per 5 minuti 35 gr. di radice in un litro d’acqua, lasciar riposare per un quarto d’ora e berne una tazza prima dei pasti. Per ottenere l’infuso: 35 gr. di foglie fresche in un litro d’acqua, bevendone una tazza prima dei pasti. Per la tintura madre: 40 gocce tre volte al giorno.