Un nuovo studio ha rivelato che i boschi intorno all’ex centrale ucraina – teatro di uno dei peggiori disastri nucleari al mondo – non si alterano alla stessa velocita’ di altre piante che vivono altrove. Analizzando la biologia delle aree radioattive, come Chernobyl e Fukushima, i ricercatori hanno scoperto che gli alberi e le piante morte nel sito contaminato dall’esplosione del 26 aprile del 1986, sembravano “sostanzialmente invariate” anche dopo quasi 30 anni. L’equipe franco statunitense ha studiato la “foresta rossa“, la famigerata regione boscosa circostante la centrale, dove gli alberi sono diventati di un colare bruno-rossastro prima di morire. “Anche molti anni dopo il disastro – ha commentato Tim Mousseau dell’University of South Carolina – i tronchi erano in buona forma. Se un albero fosse morto e caduto nel mio cortile, sarebbe diventato segatura in poco piu’ di dieci anni”. Per scoprire cosa stava succedendo, il gruppo di ricerca ha raccolto in dei sacchetti centinaia di campioni di piani forestali non contaminati da radiazioni e li hanno poi distribuiti intorno alla zona di Chernobyl aspettando poi nove mesi. I risultati sono stati sorprendenti: i campioni collocati in zone altamente contaminate hanno mostrato il 40 per cento in meno di decomposizione di altri posizionati in luoghi “sicuri”. In particolare lo studio afferma che il grado di decadimento e’ proporzionale al grado di contaminazione radioattiva a ciascun sito.