Il regime delle correnti oceaniche sopra l’oceano Indiano si sviluppa tra la costa dell’Africa orientale e quella dell’Australia occidentale. La “grande corrente dei mari del Sud”, da sud del Capo di Buona Speranza, continua nella sua direzione verso est, nella fascia compresa fra i 40° e i 50° di latitudine sud. Tale corrente, poco ad est del meridiano 80° est, devia leggermente verso est-nord/est e le acque, che incontrano il continente australiano, cominciano a flettere verso nord, originando la “corrente della costa occidentale Australiana”. Questa corrente, salendo verso nord, all’altezza dei 20°-15° di latitudine sud, forma la calda “corrente sub-equatoriale indiana” che tende a dirigersi verso ovest, dall’area delle isole Cocos verso le coste orientali del Madagascar. Anche nell’oceano Indiano, come negli altri oceani della Terra, all’altezza dell’equatore geografico, scorre la cosiddetta “controcorrente equatoriale”, la quale tende a spingere masse d’acqua molto calde e trasparenti, dalle Seychelles fino alle coste occidentali dell’isola di Sumatra. La calda “corrente sub-equatoriale” si suddivide, a sua volta, in due diversi rami, diretti verso sud. Il primo ramo tende a muoversi verso il tratto di oceano a sud-est delle isole Reunion.
Il secondo ramo invece tende a spingersi verso le coste dell’Africa orientale, all’altezza della Tanzania, formando a sua volta la famosa “corrente del Mozambico” e la “corrente di Agulha”. Quest’ultima corrente è molto famosa e si distingue per la sua notevole velocità che può raggiungere picchi di oltre i 4-5 miglia/orarie, davanti le coste del Sudafrica orientale. In determinate condizioni, questa corrente cosi violenta, quando incontra una serie di grandi onde, di verso opposto, che risalgono dall’oceano Indiano meridionale (sollevate dalle forti tempeste da S-SO e SO che si sviluppano dietro un fronte freddo australe), agendo da freno in profondità rallenta la loro velocità di propagazione, generando gigantesche ondate, piuttosto ripide, che possono rappresentare una grave minaccia per la navigazione marittima nel tratto di oceano a largo delle coste sudafricane. Dopo aver lambito le coste orientali del Sudafrica, scivolando ulteriormente verso sud, la “corrente di Agulha” incontra le gelide acque della “corrente Antartica”, confluendo definitivamente sopra il suo ramo principale che scorre a velocità piuttosto sostenute a sud della costa sudafricana.
Nelle zone dove la “corrente di Agulha” confluisce sulla più fredda “corrente Antartica” spesso si possono formare insidiosi banchi di nebbia, a seguito dello scorrimento di masse d’aria più calde, di origine sub-tropicale marittima, sopra le gelide acque della “corrente Antartica”. Il vapore acqueo contenuto dentro l’aria calda sub-tropicale, proveniente dall’anticiclone delle isole Mascarene (alta pressione dell’Indiano meridionale), passando sopra le freddissime acque dell’oceano Indiano meridionale, tende rapidamente a condensarsi, formando questi densi banchi di nebbia (un po’ come avviene davanti i Banchi di Terranova, dove la calda “corrente del Golfo” tende ad incrociare le fredde acque della “corrente del Labrador”). Nel settore più settentrionale dell’oceano Indiano la vasta distese di terre emerse, di collegamento fra l’Africa e l’Asia, impedisce il normale andamento delle correnti, come negli altri oceani. Per questo le correnti oceaniche, in questo tratto, che va dall’equatore geografico alle coste dell’Asia meridionale, seguono in linea generale l’andamento dei “Monsoni”. Durante l’inverno boreale, il “Monsone di NE”, che spira fra il golfo del Bengala, il mar Arabico e il golfo dell’Oman, origina una corrente diretta verso ovest. Questa corrente, uscendo dallo Stretto di Malacca, raggiungendo una velocità di circa i 2-3 miglia/orarie, investe in pieno l’isola-stato dello Sri-Lanka.
Durante la stagione estiva, invece, il “Monsone di SO”, determina l’inversione della corrente sopra citata, creando una intensa corrente diretta verso est, che poi piega verso sud-sud/est al di sotto della costa del Malabar. La velocità di questa “corrente monsonica” raggiunge i massimi picchi di velocità, arrivando a toccare le 6 miglia/orarie, tra le coste meridionali dello Sri-Lanka e la costa della Somalia. Proprio davanti la costa somala la corrente la corrente che risale da SO arriva a superare punte di oltre le 6 miglia/orarie. Queste correnti oceaniche, appena elencate, avrebbero un ruolo fondamentale nell’influenza della macchina climatica planetaria, ed in particolare nello sviluppo di quei grandi fenomeni atmosferici, come “El Nino”, “La Nina” e la “Madden-Julian oscillazione”. Difatti l’oceano Indiano rappresenta il vero motore della complessa macchina climatica del nostro Terra. Proprio da qui si sviluppano quelle grandi onde atmosferiche che spostandosi sopra l’oceano Pacifico vanno ad influenzare il clima planetario. Il sole, riscaldando in modo costante i vasti spazi di mare aperto dell’oceano Indiano fa evaporare nell’atmosfera enormi quantità d’acqua, sotto forma di vapore acqueo. Quando parte di quest’acqua evaporando nell’atmosfera si condensa creando le nuvole e la pioggia, rilasciando una grande quantità di calore che fa di queste aree il principale motore che spinge la circolazione atmosferica planetaria.
La pioggia che cade su aree estese può superare i 3 metri all’anno lunga la fascia equatoriale, ma alcune aree possono ricevere fino a 5 metri di pioggia all’anno. Più di 5 metri di pioggia all’anno rilasciano in media 400 W/m2 di calore nell’atmosfera, una quantità di calore notevolissime che viene gradualmente bilanciata dalle “onde equatoriali”, come le “onde di Yanai” e l’equatoriale “onda di Kelvin”, che ha ruolo fondamentale nello sviluppo di fenomeni atmosferici molto importanti, come “El Nino” o “La Nina“. Le “onde di Kelvin” di solito sono il segnale precursore della nascita di “El Nino”. Studi recenti hanno potuto dimostrare come la “Madden-Julian oscillazione”, in sigla detta pure “MJO” (pattern climatico di variabilità atmosferica della fascia equatoriale che consiste nel lento movimento di un nucleo di precipitazioni molto intense, con forte attività convettiva organizzata, che si spostano da Est ad Ovest), in azione sull’oceano Indiano, può innescare una “onda Kelvin” che si propaga verso est, seguendo un ciclo di oltre 30-60 giorni, con la liberazione di una intensa quantità di calore latente sprigionato dall‘intensa attività convettiva legata proprio alla “MJO“.
Il campo di pressione medio-basso presente sull’oceano Indiano meridionale, li dove agisce la“MJO”, si propaga gradualmente verso est, in direzione del Pacifico settentrionale, producendo una sostenuta ventilazione dai quadranti occidentali che inibisce il flusso regolare dei venti Alisei nella fascia tropicale dell‘oceano Pacifico. In questa fase gli Alisei nel Pacifico occidentale non soltanto si indeboliscono, ma addirittura invertono direzione per poche settimane al mese, producendo i “Westerly wind bursts” che rapidamente approfondiscono il termoclino. Lo sprofondare del termoclino lancia un “onda di Kelvin” che si propaga verso oriente. Questi venti occidentali sono in grado di trasferire dal Pacifico occidentale al Pacifico orientale un’“onda di Kelvin“, che in questo caso va identificata come una grande striscia di acque molto calde, che scorrono ad una profondità di circa 150 metri, lungo una direttrice ovest-est. Questa onda può essere osservata in superficie da un leggero aumento in altezza della superficie del mare, di circa 8 cm, e un sensibile aumento delle temperature delle acque superficiali su un’area estesa per diverse centinaia di miglia. In appena 30-60 giorni questa “onda Kelvin” si propaga dal Pacifico occidentale a quello orientale, spingendo un flusso di masse d’acqua molto calde che da Papua Nuova Guinea e dalle isole del Pacifico centrale si muove in direzione delle coste americane. Quando questa “onda di Kelvin” colpisce la costa del Sud America, in prossimità dell’Ecuador e della costa peruviana, l’acqua calda impatta sopra il ramo principale della fredda “corrente marina di Humbold”, che dai mari sub-antartici risale fino alle isole Galapagos bordando tutta la costa sud-americana, dal Cile al Peru e all’Ecuador meridionale.
L’incontro con la fredda “corrente marina di Humbold” provoca una brusca deviazione verso nord del flusso di masse d‘acqua molto calde provenienti dal Pacifico, creando una vasta area di acque calde in superficie che si distende verso il golfo di Panama e le coste pacifiche dell’America centrale. Questa corrente di acque calde, spinte dall’”onda di Kelvin”, può propagarsi fino alle coste del Messico settentrionale e della California, causando un impennata delle precipitazioni nelle suddette aree costiere, visto la maggior quantità di calore latente messo a disposizione dalla superficie oceanica.