La collisione tra galassie non è necessaria alla nascita dei buchi neri supermassicci

MeteoWeb

eo-galaxy-embargoedI giganteschi buchi neri che si annidano nei cuori delle galassie sarebbero stati creati nell’universo primordiale. Secondo una nuova ricerca queste regioni dello spaziotempo che crescono all’interno di galassie come la Via Lattea o di altre galassie di grandi dimensioni, nascono sorprendentemente pesanti, con una massa milioni o miliardi di volte superiore a quella del Sole. La scoperta va in contrasto con la teoria popolare dell’evoluzione dei buchi neri massicci, suggerendo che la fusione tra galassie non è condizione necessaria per creare questi colossi. “Non sappiamo ancora come i buchi neri che risiedono nel centro delle galassie si siano formati, ma il semplice fatto di trovare grandi buchi neri in piccole galassie, dimostra che devono essersi creati nell’universo primordiale, prima di qualsiasi collisione tra galassie“, spiega Shobita Satyapal, della George Mason University in Virginia e autore principale dello studio. “Ma è anche probabile – aggiunge il ricercatore – che i buchi neri supermassicci si sviluppino principalmente inghiottendo gas e polveri, divenendo sempre più grandi nella stessa galassia in cui risiedono“. Il team ha analizzato le osservazione di galassie nane condotte dal telescopio Wise della NASA.

La famosa galassia di Andromeda

Le galassie nane sono poco cambiate nel corso del tempo e somigliano a quelle che già esistevano quando l’universo era “giovane”. Il posto ideale per poter cercare buchi neri nascenti. Ci vorrà del tempo per analizzare i dati che Wise ha fornito e per i quali è stato creato, ma si spera che al termine del lavoro si possa trovare una risposta ad uno dei quesiti più difficili del cosmo. Wise venne lanciato nell’orbita terrestre nel Dicembre 2009 per una missione di 10 mesi, al fine di analizzare l’universo in luce infrarossa. Chiuso nel Febbraio 2011, venne riattivato nel Settembre 2013 con una nuova missione e un nuovo nome. Denominato NEOWISE, la navicella spaziale si occupa ora di asteroidi potenzialmente pericolosi, alcuni dei quali potrebbero essere obiettivi promettenti in merito all’esplorazione umana. Il nuovo studio è stato pubblicato nel numero di Marzo della rivista “The Astrophysical Journal.

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