Il mal di testa è un appuntamento fisso per milioni di italiani. Può essere primario (se la sua insorgenza non è collegata ad una malattia) oppure secondario (sintomatico, per la presenza di una causa clinica: artrosi cervicale, sinusite, febbre, intossicazione, disturbi della vista, crisi ipertensive).
Il mal di testa primario, detto essenziale o idiopatico, può manifestarsi in tre modi:
emicrania (dolore localizzato a metà del capo, a volte associato a nausea, vomito, senso di freddo, intolleranza a luce e rumori). L’attacco dura in media 2 ore, preceduto da segni premonitori (es. sonnolenza e dissenteria);
cefalea a grappolo (caratterizzata da un violento e improvviso dolore da un solo lato della testa, in genere dietro l’occhio, accompagnato da lacrimazione e ostruzione nasale),
cefalea muscolo-tensiva (la sofferenza provocata dalla contrazione della muscolatura del capo e del collo, con dolore che parte dalla nuca e in poco si diffonde fino alla fronte).
Molti studiosi hanno evidenziato che con l’identificazione ed eliminazione dei cibi non tollerati si riducono nettamente i sintomi del mal di testa. Gli alimenti assolutamente da evitare sono quelli conservati, in particolare in scatola oppure liofilizzati, le salse di pomodoro che contengono additivi e conservanti responsabili degli attacchi; le bevande alcoliche (il vino rosso contiene dosi elevate di tiramina, una sostanza che determina un aumento di adrenalina nel sangue; alcuni vini bianchi che possono dare disturbi per via dei metodi di vinificazione. L’anidride solforosa usata per alcuni vini mossi può rappresentare un rischio di crisi e, più in generale, l’alcol etilico causa una vasodilatazione); il cioccolato (il cacao contiene la betafeniletilamina, una sostanza che altera la produzione di serotonina implicata nelle crisi di emicrania); crauti e patate che, come il vino rosso, contengono tiramina; dadi da brodo e altri cibi confezionati: questi alimenti possono contenere glutammato di sodio, utilizzato per migliorare il sapore degli alimenti.
Esso è contgenuto in alcune salse di soia, tanto che anni fa era stata individuata la “sindrome da ristorante cinese”, caratterizzata da mal di testa e nausea causati da quel composto aggiunto alla soia per insaporirla. Da evitare i formaggi stagionati, come parmigiano, taleggio e provola, che contengono tiramina; il pesce e i crostacei congelati: quando sono precotti, come nel caso dei crostacei o dei surimi, possono dare luogo ad attacchi di mal di testa; i salumi, le carni stagionate o affumicate, la selvaggina, il pesce salato ed essiccato, gli alimenti da fast food: questi cibi possono contenere nitriti, sostanze usate per la conservazione e responsabili di crisi di emicrania particolarmente dolorose. I soggetti predisposti sono soggetti ad attacchi quando mangiano pietanze particolarmente saporite, ossia ricche di cloruro di sodio (sale da cucina); occorre inoltre prestare attenzione allo zucchero puro e ai cibi troppo zuccherini, che provocano un picco di glucosio nel sangue (glicemia) e d’energia, che però crolla di nuovo improvvisamente e questo effetto “montagne russe” è uno dei fattori scatenanti del disturbo. Si pensa che i cibi “incriminati” siano quelli ricchi di ammine biogene (come l’istamina), così come molti additivi (nitriti e solfiti, glutammato), cibi grassi o fritti, bevande alcoliche, carenza o eccesso di caffeina.
Se il mal di testa si ripresenta a intervalli di tempo molto ravvicinati nella stessa giornata e dura da qualche giorno, potrebbe essere utile verificare quali sono gli orari d’insorgenza e se questi hanno una relazione coi pasti. Un buon sistema per farlo, che può essere d’aiuto anche per orientare il proprio medico, è compilare per qualche giorno un diario alimentare nel quale sono indicati i tipi di alimenti assunti, le quantità, gli orari dei pasti e la comparsa del disturbo. Bisognerebbe mangiare a intervalli regolari di tempo, senza rimanere troppo a digiuno, dato che l’ipoglicemia è una causa scatenante del mal di testa, ottimizzando la digestione, poiché la cattiva digestione provoca il disturbo. Se, per sfortuna, l’alimento sotto accusa, è proprio quello preferito, eliminarlo del tutto sarà comunque difficile, ma è sempre possibile diminuirne il consumo, sia in termini di quantità che di frequenza.