Quando passeggiamo per le vie delle nostre città spesso non facciamo caso al nome della via e sopratutto a chi o a cosa essa sia dedicata. Una delle più importanti vie del centro storico di Torino è Via Cernaia che con i suoi portici collega la futuristica stazione di Porta Susa con Piazza Solferino e che fra le altre cose è sede dell’importante e storica scuola per Carabinieri, la cosiddetta Caserma Cernaia. Ma questo nome da dove arriva? Un personaggio storico del Risorgimento? Un termine dialettale piemontese o un nome di un comune del Piemonte? Niente di tutto questo. Il Cernaia è un piccolo fiume di circa 35 km che scorre nella lontana Crimea, in Ucraina. Questo fiume è ricordato per la battaglia che vide impegnate le truppe del Regno di Sardegna nella guerra di Crimea nel 1855, le quali con questo intervento militare aprirono la strada per il Risorgimento Italiano. In questi giorni la piccola regione Ucraina è tornata alle cronache per la crisi russa e per il referendum di annessione alla Russia che si svolgerà proprio in queste ore e che potrebbe dare nuovi risvolti nel prosieguo della crisi internazionale fra Russia e Ucraina. La Crimea stessa, però, ben circa 160 anni fa ebbe ben più risalto sui giornali internazionali e su quelli italiani, perchè nella guerra che vide l’Impero Russo scontrarsi contro le più grandi forze occidentali dell’epoca fu teatro di grandi scontri. Anche l’allora Regno di Sardegna diede il suo importante contributo alle sorti di quel conflitto, in una regione che già allora era importante per il controllo strategico degli accessi al mare nella regione del Mar Nero. Di questo guerra c’è importante traccia nell’urbanistica della città piemontese in vie importanti tra cui la citata Via Cernaia, Piazza Crimea o Corso Sebastopoli.
Fu proprio Cavour ,che per ingraziarsi le corti Inglesi e Francesi, trattò per intervenire in aiuto della grandi potente europee al fine di ottenere in cambio un ruolo in Europa, protezione per il il piccolo stato sabaudo e l’apertura della strada ad una successiva unificazione al Regno, almeno in un primo momento, della Lombardia e del Veneto. La situazione non fu facile dal punto di vista diplomatico, anche perchè alleata di Francia e Inghilterra c’era anche l’acerrima nemica del Piemonte : l’Austria. Il regno di Sardegna partecipò al conflitto con poco meno di 20.000 uomini, piccoli numeri rispetto ai 150.000 francesi, ma se pensiamo alle dimensioni dello stato sabaudo era già una presenza corposa, pari ad oltre un terzo dell’esercito. Le truppe sabaude salparono da Genova il 25 aprile 1855 con a capo il generale La Marmora. Una delle battaglie più famose fu proprio quelle sul fiume Cernaia che sfocia presso la città di Sebastopoli, dove l’esercito sabaudo si distinse nelle operazioni belliche di supporto alle forze alleate e dove si sancì una profonda sconfitta per l’esercito russo. L’esercito sardo ebbe 14 perdite, sulle circa 1.800 delle forze alleate e le circa 6.000 dell’impero russo. Una delle ultime operazioni di quel conflitto fu l’assedio di Sebastopoli che cadde dopo 11 mesi. Con il termine delle ostilità si pose fine alle pretese russe nella zona anatolica e nel Mar Nero e con il congresso di Parigi, al termine della guerra, il Regno di Sardegna, con Cavour al tavolo della pace, pose per la prima volta a livello internazionale la questione italiana. Da lì in poi le sorti del piccolo regno sabaudo e dell’Italia sarebbero cambiate ineluttabilmente. Le perdite di quella guerra furono ingentissime, migliaia e migliaia e “solo” 17 per l’esercito sardo, anche se la vera strage per l’esercito di casa nostra furono le malattie che lasciarono a terra oltre 1.300 soldati. Ancora oggi, nel piccolo villaggio di Kadikoi, sede del corpo di spedizione sabaudo e quartiere dell’attuale Sebastopoli, c’è una stele in memoria dei caduti italiani. Sul monte Hasford, vicino a Kamari, osservatorio dei piemontesi, esisteva anche un ossario che però fu fortemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale. In ultimo c’è da segnalare in Crimea una presenza di una minoranza etnica italiana che conta circa 500 unità, costituita a seguito di emigrazione in quelle zone nell’800, ma anche prima ai tempi delle Repubbliche di Genova e Venezia. Dunque la piccola regione Ucraina, con i suoi fiumi e le sue città, ha avuto ben altri onori della cronaca in passato e hanno anche una stretta connessione con l’Italia e la sua storia risorgimentale. La speranza è che la crisi di questi giorni non porti ad un escalation degli attriti e che invece via via la diplomazia porti ad archiviare questa situazione, facendo si che la storia della guerra di Crimea resti solamente un retaggio del passato. Oggi, oltre al referendum, finisce anche la tregua olimpica a seguito della chiusura definitiva dei giochi di Sochi 2014, con la chiusura dell’ultimo atto : le Paraolimpiadi. Staremo a vedere.
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