Assumere troppo sale puo’ accelerare il processo di invecchiamento in chi ha problemi di peso. Lo rivela uno studio della Georgia Regents University di Augusta. Sebbene sia gia’ risaputo che il sodio comporta un aumento della pressione, con il rischio di ictus e infarto, per la prima volta questi elementi sono stati messi in connessione con l’invecchiamento cellulare. Gli scienziati hanno scoperto che il consumo di grandi quantita’ di sale negli adolescenti in sovrappeso o obesi porta a un ‘accorciamento’ dei telomeri rispetto ai coetanei che seguono una dieta regolare e piu’ povera di sale. Ogni volta che una cellula si divide, i telomeri diventano piu’ corti e quando sono troppo corti le cellule smettono di dividersi e muoiono. Studi precedenti avevano gia’ reso noto che alti livelli di grasso corporeo accelerano l’accorciamento dei telomeri, ma questa recente ricerca americana ha fatto luce sul fatto che il sodio presente nel sale sembra lavorare in stretta connessione con l’obesita’ per accelerare ulteriormente gli effetti gia’ conosciuti, coinvolgendo in questa problematica anche i piu’ giovani. Il responsabile dello studio, Haidon Zhu della Georgia Regents University, ha infatti dichiarato al ‘Daily Telegraph’: “Anche nei ragazzi piu’ giovani abbiamo riscontrato queste problematiche. L’ipotesi suggerisce che alti livelli di sodio e obesita’ possano cooperare per accelerare l’invecchiamento cellulare. Diminuendo l’assunzione di sodio si rallenta il processo di invecchiamento, elemento cardine nello sviluppo di malattie cardiache. L’abbondanza di sodio in una dieta deriva dal consumo di cibi troppo elaborati, quindi i genitori possono aiutare i figli cucinando alimenti freschi piu’ spesso e sostituendo la frutta alle patatine come snack”. Il team di Zhu ha lavorato su 766 adolescenti, suddivisi in gruppi in base al consumo di sodio. Si tratta di valori che oscillano tra i 5 grammi di sale al giorno fino ai 10, a fronte di un consumo raccomandato che in molti paesi non va oltre i 6 grammi. La ricerca, presentata al convegno dell’American Heart Association a San Francisco, suggerisce inoltre una possibile connessione con le infiammazioni.