Ieri sera dopo le 22:15 (ora italiana), il Cile (dove erano le 16:15 di una mite giornata estiva) si sono verificate due forti scosse di terremoto nel giro di pochi minuti, la prima fortissima, di magnitudo 7.0, la seconda di intensità inferiore ma comunque nettamente avvertita dalla popolazione. Le scosse si sono verificate nel nord del Paese, e le autorità hanno disposto un’allerta tsunami preventiva sulle coste dell’Oceano Pacifico, successivamente rientrata.
La zona più colpita è stata quella di Iquique, una città di 220.000 abitanti (non, quindi, un paesino) capoluogo della regione di Tarapacá. La scossa non ha provocato alcun danno, nè vittime o feriti. Nessuna costruzione è crollata, nonostante l’intensità considerevole della scossa principale che in Italia avrebbe provocato un’apocalisse in qualsiasi Regione del nostro Paese. Immediatamente, a causa dell’allerta tsunami, quasi 100.000 persone sono state evacuate in pochi minuti dai litorali e sono scappate nelle zone collinari in base ai piani di evacuazione predisposti da tempo e noti alla popolazione. Senza disordini, disagi o intoppi. Il tutto s’è svolto in modo ordinato e tranquillo. Dopo poco meno di tre ore, i residenti nelle zone costiere sono potuti rientrare nelle loro abitazioni, dopo che le autorità hanno annullato l’allerta appena hanno constatato che il sisma non aveva provocato alcuna onda anomala.
Non è accaduto nulla di grave in Cile: il terremoto non ha provocato danni, lo tsunami non s’è formato ma anche in caso di maremoto nelle zone costiere, non avrebbe potuto uccidere nessuno in quanto la gente si era messa in salvo in modo più che opportuno. Oggi, nel “day after”, in Cile non ci sono polemiche. Non ci sono isterismi. Solo soddisfazione. Quello di ieri è stato un magistrale esempio di prevenzione, tematica su cui il Paese latino americano è avanti anni luce non solo rispetto a gran parte del mondo ma anche relativamente all’Europa o ad un Paese che si considera progredito e sviluppato come l’Italia.
Se l’Italia fosse stata colpita da un terremoto così forte, innanzitutto sarebbe stata una catastrofe apocalittica con decine di migliaia di vittime per i crolli dovuti alla scossa di magnitudo 7. Poi, in caso di fuga dalle coste per il terremoto, sarebbe stato il caos. Nessuno avrebbe saputo dove andare, cosa fare. In Italia si continua a costruire male. Città vengono distrutte, con decine e centinaia di morti, anche con scosse molto più deboli (vedi L’Aquila o l’Emilia Romagna). Non esistono piani di evacuazione precisi e puntuali, se non in casi isolati, e comunque sempre la gente non è informata e non si vuole informare continuando a mantenere distacco da tematiche così profondamente interessanti, dando la preferenza al Grande Fratello o a robe simili. Quando, e su MeteoWeb c’è capitato spesso, parliamo di rischio sismico e terremoti predicando l’importanza della prevenzione, veniamo additati come iettatori e riceviamo violente minacce, accuse, offese e chi più ne ha più ne metta. Perché aprire gli occhi sul rischio significa “portare sfiga”.
“Vi chiamate le scosse”, ci scrive qualcuno che proprio non riesce a capire che è la scienza ad assicurare che i forti terremoti in Italia si verificheranno sicuro. Non si può sapere quando, ma prima o poi accadrà in tutte le zone sismiche del nostro Paese, che sono tantissime, dal nord/est a tutta la dorsale Appenninica fino al Sud (vedi mappa accanto). Può succedere tra dieci, venti o cento anni, ma anche domani o tra qualche ora. E se facessimo prevenzione, potremmo stare tranquilli perché saremmo pronti a vivere una scossa così forte come hanno fatto ieri i cileni. Senza alcun problema. Ma l’impressione è che per creare una simile coscienza e una simile cultura, in Italia, dovranno purtroppo esserci altri disastri che inevitabilmente sensibilizzeranno il Paese e, finalmente, apriranno gli occhi su ciò che bisogna fare davvero per evitare nuove tragedie.