Vulcani, quando il magma incontra l’acqua: dalle cascate di lava del Kilauea ai distruttivi lahar del Kelut

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Acqua e magma potrebbero sembrare due elementi tra loro agli antipodi, ed estremamente incompatibili. In realtà nelle calde masse magmatiche, l’acqua è presente sotto forma di gas e costituisce una percentuale preponderante della sua componente volatile. Se l’acqua proviene dal reticolo cristallino dei minerali che si trovano allo stato fuso all’interno del magma stesso, si ha a che fare con acqua iuvenile, formatasi cioè contemporaneamente al magma. L’acqua però, può aggiungersi al magma anche in un secondo momento, ben dopo la formazione di quest’ultimo; il contatto con dell’acqua esterna può dar luogo a fenomeni completamente diversi, a seconda delle modalità di contatto tra i due elementi: dove, come e quando magma e acqua si incontrano, sono le variabili che influenzano il risultato finale. Vediamo in che modo questi possono interagire e gli eventi cui possono dar luogo.

CASCATE DI LAVA – Nei suggestivi video a corredo dell’articolo possiamo osservare come il flusso lavico del Kilauea, dopo aver percorso decine di kilometri dalla bocca che lo ha emesso, raggiunge la costa e si getta nell’oceano, tuffandosi da una scogliera di più di 10 m di altezza. Il contatto tra il caldo fluido basaltico (1000-1200° C) e l’acqua del mare, dà luogo a imponenti getti di vapore che testimoniano il repentino raffreddamento del magma. Questo flusso si inserisce nel contesto dell’attuale attività del Kilauea, che è iniziata nel 1983 e che non si è mai arrestata: si tratta dell’eruzione hawaiiana più duratura della storia! I prodotti che ha emesso si estendono per più di 100 km quadrati attorno al vulcano, e, nel tempo, hanno raggiunto e distrutto 200 case, cambiando significativamente le linee di costa dell’isola. Quando magmi basaltici come quelli hawaiiani fluiscono in mare, danno luogo alle caratteristiche “pillow lava” (lave a cuscino): si tratta di strutture rotondeggianti, che si sovrappongono tra loro, delimitate da una crosta rigida e vetrosa che si origina a causa del repentino raffreddamento del magma a contatto con l’acqua. Sulla loro superficie si formano fratture e scanalature, che funzionano da canale di fuoriuscita per il magma ancora allo stato liquido che si trova all’interno, e che fuoriesce dando luogo ad altri “pillow”. Queste strutture non si trovano solo vicino alle coste, ma ricoprono la maggioranza dei profondi fondali oceanici, poichè si formano anche a partire dalle dorsali medio oceaniche. Un bell’esempio nostrano di lave a cuscino è osservabile in Sicilia, alla base della Rupe di Aci Castello (CT).

ALTA ESPLOSIVITA’ – L’acqua può diventare il motore principale delle eruzioni quando entra in contatto con il magma all’interno della superficie terrestre. Essa infatti, in un ambiente molto caldo come quello in prossimità di una camera magmatica, essolve: passando rapidamente dallo stato liquido a quello gassoso,  causa un forte aumento della viscosità del magma, determinando così il carattere esplosivo di un vulcano. Questo tipo di contatto dà luogo ad eruzioni molto violente, classificabili come eruzioni sursteiane e freato-pliniane, che rientrano nell’ambito dell’attività freato-magmatica. Quando il serbatoio magmatico è posto al di sotto di una falda acquifera confinata, o poco più in basso della superficie del mare o di un lago, si originano spettacolari eruzioni freatiche (ultra-vulcaniane), dovute alla veloce vaporizzazione della massa d’acqua che, espandendosi, innescherà l’attività esplosiva; proprio quest’ultima tipologia eruttiva si è verificata a Vulcano (Eolie) nel 1888, ed è da qui che prendono il nome queste particolari manifestazioni eruttive.

LAHAR – Con questo termine indonesiano si indica la veloce discesa dalle pendici di un vulcano, di una massa costituita da acqua, rocce e detriti (generalmente la parte principale è costituita da depositi piroclastici); spesso si parla anche di “volcanic mudflow” e di “debris flows”. Sono fenomeni estremamente pericolosi perché caratterizzati da velocità dell’ordine delle decine di metri al secondo, e da percorrenze che arrivano a diversi chilometri. Hanno elevata energia e sono in tutto e hanno un comportamento del tutto assimilabile al cemento: solidificano molto rapidamente quando si fermano e sono estremamente fluidi durante la fase di movimento.
Si possono originare per diversi motivi, i quali sono alla base della distinzione trai lahar freddi e caldi. Nel primo caso possono verificarsi inondazioni in seguito allo scioglimento dei ghiacciai presenti nei pressi del cratere, o per via di intense piogge nelle zone coperte da vecchi depositi piroclastici, che vengono quindi mobilizzati, creando una vera e propria valanga di fango (a tal proposito è tristemente noto l’episodio di Sarno nel 1998). Nel secondo caso l’innesco è dovuto al contatto tra un flusso piroclastico ad alta temperatura con il ghiaccio o la neve presenti sull’edificio vulcanico: il calore fonde rapidamente queste masse fredde, e, mescolandosi con il flusso piroclastico, dà luogo ad una colata calda di fango e detriti. Uno dei più distruttivi lahar caldi è stato quello del Nevado del Ruiz, che in Colombia, nel 1985, ha ucciso 23000 persone, seppellendo la città di Armero sotto 8 metri di fango e detriti. Recentemente, sono proprio i lahar a costituire il pericolo principale nella zona del vulcano Kelut (Indonesia): la comunità scientifica è preoccupata da una recente stima che ipotizza la possibile mobilizzazione di ben 50 milioni di metri cubi di depositi piroclastici (messi in posto in seguito alla recente eruzione del 13 Febbraio), a causa delle forti piogge attese nei prossimi giorni. In questa zona si sono infatti già verificati alcuni lahar che hanno causato molti danni, ma fortunatamente nessuna vittima.

Come abbiamo visto, l’incontro tra magma e acqua può dar luogo a fenomeni suggestivi e a spettacoli osservabili in tutta sicurezza (Hawaii) oppure provocare scenari apocalittici e fortemente distruttivi, in base alle modalità di interazione: in questo particolare contesto, cambiando l’ordine dei fattori, il risultato cambia, eccome.

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