Neanche gli altissimi costi fermeranno le ricerche dell’aereo della Malaysia Airlines scomparso nell’oceano Indiano. Lo ha assicurato oggi il governo australiano che guida le operazioni per ritrovare il Boeing 777, svanito nel nulla l’8 marzo scorso con 239 persone a bordo, due terzi delle quali cinesi, mentre era in servizio da Kuala Lumpur a Pechino.
“Vogliamo trovare quest’aereo. Vogliamo dire ai nostri amici in Malaysia e in Cina che non è un problema di costi e che siamo determinati ad aiutarli in queste tragiche circostanze”, ha dichiarato il ministro della Difesa australiano, David Johnston.
Da dieci giorni, un robot sottomarino munito di un sonar, il Bluefin-21, setaccia una superficie di 400 chilometri quadrati con l’aiuto di segnali captati dalle navi di ricerca compatibili con dei segnali emessi dalle batterie delle scatole nere.
Nonostante le ricerche ad oggi si siano rivelate infruttuose, gli inquirenti continuano a pensare che il volo MH370 si sia inabissato al largo delle coste australiane, come dichiarato dal Primo ministro del Paese, Tony Abbott. “L’opinione degli esperti è che il velivolo sia effettivamente precipitato nell’oceano Indiano e hanno identificato una probabile zona di impatto lunga 700 chilometri e larga 80”, ha spiegato Abbott oggi. Gli esperti stimano ad un centinaio di milioni di dollari il costo delle operazioni di ricerca che dovrebbero rivelarsi le più onerose della storia dell’aviazione.