Nei prossimi anni il surriscaldamento globale incidera’ in maniera consistente sulla produzione di olio d’oliva in Italia e nel resto del Mediterraneo. Lo rivela uno studio condotto dall’Enea, in collaborazione con l’Universita’ della California a Berkeley e il consorzio scientifico no profit Casas Global, che ha stimato l’impatto degli effetti dei cambiamenti climatici sull’olivo, prendendo in considerazione un aumento di 1,8 gradi centigradi della temperatura nell’area del Mediterraneo nei prossimi decenni. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica ‘Pnas’ (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America), mostrano che nelle varie zone del Mediterraneo il surriscaldamento avra’ un impatto diverso su resa dell’olivo e infestazioni da mosca delle olive, il parassita piu’ dannoso di questa coltura. Prendendo in considerazione l’intero bacino Mediterraneo, i rendimenti delle coltivazioni dovrebbero aumentare del 4,1%, l’impatto dei parassiti dovrebbe diminuire dell’8% e i guadagni netti dovrebbero crescere del 9,6%. A livello locale, pero’, le differenze si fanno notevoli: in Nord Africa, la produzione di olio dovrebbe aumentare di circa il 40%, mentre in Medio Oriente dovrebbe diminuire del 7,2%. In Italia, nonostante proiezioni complessivamente positive, si assisterebbe a una contrazione del reddito su ben il 21% circa del territorio olivicolo, con aumento del rischio di abbandono dei piccoli oliveti tradizionali che in aree marginali svolgono un ruolo fondamentale sia per la conservazione del suolo e della biodiversita’ che per la riduzione del rischio di incendi. L’olivo e’ una coltura nota per la sua notevole resistenza all’aridita’, in grado quindi di tollerare bene l’impatto dei cambiamenti climatici, che invece avranno conseguenze piu’ serie su colture meno tolleranti a caldo e siccita’, come la vite e il frumento.