Una nuova via microscopica per attaccare il tumore del pancreas dritto al suo “cuore”. La rivoluzione arriva dalle nanoparticelle, che riescono oggi a bombardare dall’interno questa malattia molto aggressiva, finora impermeabile ai farmaci tradizionali. Con tre vantaggi in più: la sopravvivenza dei pazienti aumenta del 27%, diminuiscono gli effetti collaterali e migliora la qualità di vita. “Attendevamo questo passo avanti da oltre vent’anni, dopo decine di insuccessi. Ma il nab-paclitaxel, la nuova molecola, attende ancora il via libera dall’AIFA – commenta il prof. Stefano Cascinu, Direttore dell’Oncologia Medica degli Ospedali Riuniti di Ancona e Presidente AIOM –. Nel nostro Paese il cancro del pancreas colpisce ogni anno 12mila persone, ma il farmaco non è disponibile nemmeno nell’elenco speciale istituito dalla legge 648, che prevede l’utilizzo immediato di molecole per patologie orfane, in mancanza di alternativa terapeutica.
L’urgenza è grande e l’AIOM ha nel frattempo lanciato la campagna PanCrea: creiamo informazione, per sensibilizzare medici e cittadini sulla prevenzione e sulle innovazioni nei trattamenti. Opuscoli, sondaggi e un tour in sette Regioni per fare luce sulla patologia, poco conosciuta ma tutt’altro che rara”. E non sempre gestita al meglio, come ha rivelato in questi giorni il rapporto Euro Pancreatic Cancer Index (EPCI), la prima comparazione mai effettuata sul trattamento del tumore del pancreas nel Vecchio Continente. Secondo il documento, l’80% dei Paesi della UE non segue i pazienti nella maniera corretta. L’Italia, inoltre, è maglia nera nei tempi di accesso alle cure. Il nab-paclitaxel è già utilizzato con successo contro le neoplasie del seno che non rispondono a trattamenti precedenti perché, a differenza degli altri taxani, non presenta reazioni di ipersensibilità e ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza. La terapia è al centro del Convegno nazionale intitolato “NanoHealth Seminar: focus on Oncology” in corso oggi a Roma. All’appuntamento interviene con una lettura magistrale il prof. Mauro Ferrari, presidente del Methodist Hospital Research Institute di Houston, considerato il più importante ricercatore al mondo in questo campo. “Il futuro della lotta al cancro risiede in una maggiore conoscenza delle potenzialità delle nanoparticelle – spiega il prof. Ferrari –. Aprono infatti nuovi orizzonti nella personalizzazione del trattamento, così come avviene ormai per le target therapies e i farmaci biologici. Il successo risiede proprio nella loro natura, perché operano su scala infinitesimale e costruiscono strutture di dimensioni di qualche atomo. Per fare un confronto, lo spessore di un capello umano è di 100mila nanometri. A questo livello cambiano le proprietà fisiche degli elementi e il modo in cui si esprimono le leggi della natura. È possibile così progettare ‘vettori’ che penetrano con maggiore facilità nei vasi sanguigni prossimi al tessuto tumorale, aumentando la concentrazione di principio attivo del 33%. Nel nostro laboratorio di Houston, in collaborazione con ingegneri Nasa, abbiamo realizzato veri e propri “razzi multistadio” microscopici che assolvono questi compiti”.
Le nanotecnologie sono trasversali e si possono applicare a vari settori del biotech: in ambito salute (proteine ricombinanti, vaccini, anticorpi, metodi diagnostici), ma anche nel comparto agroalimentare, industriale, genomico, ecc. “La nanomedicina sta rivoluzionando la pratica clinica mettendo a disposizione nuovi e più efficaci strumenti diagnostici e sistemi di cura innovativi, che favoriscono l’introduzione di terapie sempre più personalizzate – dichiara la dott.ssa Laura Fabrizio, Presidente SIFO –. L’introduzione delle nanotecnologie nel campo della farmaceutica e, più in generale, della cura della salute è rilevante oltre per l’impatto clinico e sociale anche per quello economico, per le necessarie problematiche sulla sostenibilità per il SSN nonché per la gestione di nuovi potenziali rischi derivanti dalle nanoparticelle. Il farmacista ospedaliero è coinvolto a pieno titolo nell’introduzione di queste nuove tecnologie e il suo contributo nell’ambito dell’innovazione è richiesto in tutte le fasi del percorso, dalla valutazione costo/efficacia, dall’investimento/disinvestimento, dalla farmacovigilanza, alla decisione fino al monitoraggio degli esiti e della sicurezza.” “La sfida della sostenibilità per il nostro sistema sanitario si può vincere garantendo l’accesso a terapie con un ottimo rapporto costo/beneficio – conclude il prof. Cascinu –. La parola d’ordine deve essere appropriatezza. Il nab-paclitaxel legato all’albumina, una proteina umana, si inserisce in quest’ottica, vista la sua comprovata efficacia. La molecola riesce a superare più facilmente lo stroma, la spessa componente di sostegno del cancro costituita dal tessuto connettivo e dai vasi sanguigni, liberando il suo potenziale proprio all’interno della malattia”.