Riportiamo il testo integrale che illustra la situazione attuale e i vantaggi che deriverebbero dalla creazione di tale ente.
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Al Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare
Per sapere, premesso che:
• l’Italia in questi ultimi anni è sempre più esposta ad eventi meteorologici intensi che, data l’accresciuta vulnerabilità del nostro fragile territorio, hanno causato e stanno causando ingenti danni infrastrutturali, economici e perdita di vite umane;
• l’aumentata variabilità climatica è già particolarmente evidente sul bacino del Mediterraneo e almeno in parte, se non del tutto, è attribuibile cambiamento climatico indotto dalle attività umane;
• le simulazione climatiche per decenni futuri, recentemente rivalutate con l’uscita del 5° report IPCC (2013), sono tutte concordi nell’indicare il Mediterraneo come una zona dove questi cambiamenti, peraltro già in atto, continueranno e saranno marcati, più forti anche di altre zone del globo, ponendoci in una situazione di svantaggio economico rispetto ad altre nazioni, per esempio quelle del centro e del nord-Europa, dove l’impatto probabilmente sarà minore;
• a fronte di un territorio da sempre prono a dissesti idrogeologici (il 70% dei dissesti in Europa accadono in Italia), che allo stato attuale vede 82% dei comuni italiani essere interessati da aree a rischio, e con le simulazioni che indicano ulteriore un aumento della frequenza degli eventi intensi, è logico aspettarsi che lo Stato impegni tutte le risorse necessarie per dotarsi di Piani di adattamento e prevenzione contro il dissesto, ma soprattutto che dia effettivamente seguito a questi piani;
• Piano di adattamento significa prima di tutto un piano con investimenti sulla messa in sicurezza del territorio, per rendere più resilienti le nostre città e i nostri paesi, che dal livello nazionale si dirami nelle varie realtà territoriali fino alla complessa e articolata dimensione comunale. Occorre potenziale le strutture territoriali che si occupano di manutenzione e presidio dei corsi d’acqua, oggi in parte depotenziati. Occorre porre grande attenzione ai nuovi sviluppi urbanistici evitando gli errori del passato che hanno portato a costruire, non solo abusivamente e anche quando non necessario, in zone a rischio idrogeologico. Non ultimo fra la azioni da svolgere, quella del potenziamento della ricerca e degli enti che si occupano di previsione e allertamento, visto che nel futuro ce ne sarà sempre più bisogno;
• attualmente la situazione della meteorologia in Italia non è delle migliori e soffre di una indebolita comunità scientifica, comunità invece ben consolidata in università e centri di ricerca esteri dove sono presenti molti ricercatori italiani, ma soprattutto soffre della mancanza cronica di un servizio meteorologico nazionale.
• se da un lato lo Stato, per riempire questo vuoto, ha promosso tramite l’azione della Protezione Civile nazionale la creazione di un sistema di allertamento decentrato, basato sulla rete dei Centri Funzionali, è evidente la mancanza di un forte coordinamento fra le varie strutture regionali che ne possa garantire una adeguata uniformità scientifica e modalità univoche di comunicazione verso i cittadini.
• il coordinamento degli attuali centri di previsione pubblici, siano essi centri previsionali in capo a enti regionali, il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare, la Protezione Civile, e le istituzioni di ricerca e ministeri competenti dovrebbe essere appunto uno dei principali compiti di questo nuovo ente statale. A lungo invocato, l’idea dell’istituzione del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito (SMND) prende le mosse dal D. Lgs n. 112/98, articolo 111. Ma detto Servizio Meteorologico Nazionale distribuito, ancora stenta a prendere piede nonostante le evidenti necessità. In particolare la sua creazione permetterebbe di:
a) mettere a sistema i patrimoni meteorologici dello Stato e delle Regioni selezionando quelli necessari alla operatività, quindi non rende necessarie nuove spese per investimenti aggiuntivi, ma al contrario sfrutta al massimo e protegge quelli già in essere;
b) salvaguardare le competenze acquisite dagli operatori della meteorologia pubblica favorendo “sinergie” virtuose;
c) evitare “sprechi” e duplicazioni, favorendo la crescita del personale;
d) valorizzare la meteorologia pubblica attraverso una diffusione omogenea e controllata dell’informazione;
e) aumentare la qualità della previsione meteorologica complessiva, consentendo il rafforzamento dell’evoluzione tecnologica nella sua complessità, dal monitoraggio alle infrastrutture ICT, aumentando il livello di know-how e di competenze anche attraverso percorsi condivisi e collaborativi;
• più recentemente il decreto legge 59/2012, ha ribadito l’attuazione del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito che, dovrà essere costituito senza costi aggiuntivi per lo Stato;
• infatti l’articolo 1, comma 1, lettera b-ter) del decreto legge 5 maggio 2012, n. 59, ha introdotto l’articolo 3-bis in materia di “Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico” alla legge 225/1992 istitutiva del Servizio della Protezione civile, disponendo, tra l’altro, che << Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione si provvede all’attuazione del Servizio meteorologico nazionale distribuito (SMND), nel rispetto della normativa vigente in materia per i diversi settori. I compiti del SMND sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica >>.
• a due anni dall’emanazione di questa legge, e ben oltre i tempi assegnati, ancora non si è proceduti all’emanazione del suddetto decreto istitutivo;
Si chiede quindi quali siano i motivi dell’insostenibile ritardo nell’emanazione del suddetto decreto istitutivo del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito (SMND), e se non ritenga improcrastinabile la sua approvazione.