Per mantenersi unito, un ammasso di galassie deve esercitare una sufficiente forza d’attrazione gravitazionale su ciascuno dei suoi componenti per evitare che sfuggano negli spazi intergalattici. Applicando una relazione nota come teorema del viriale alle velocità di spostamento delle galassie, gli astronomi sono in grado di calcolare la quantità minima di massa necessaria per impedire che l’ammasso si disperda. Questa quantità è detta “massa viriale”. Se si calcola la massa di un ammasso addizionando le singole masse valutate per ciascuno dei suoi componenti, si ottiene sempre un valore di gran lunga troppo basso per mantenere unito l’ammasso stesso; generalmente esso è inferiore alla massa viriale di un fattore dieci o oltre. Per esempio, la massa combinata delle galassie visibili, nell’ammasso della Chioma, ammonta a qualche centinaio di milioni di milioni di masse solari, ma la massa necessaria per tenere unito l’ammasso è valutata in 5000 milioni di milioni di masse solari. Se la sua massa fosse realmente così scarsa, come risulta da tale addizione, l’ammasso si disperderebbe nell’arco di un miliado di anni circa, un tempo breve se paragonato all’età delle galassie. Tuttavia, il numero di galassie è tale da rappresentare strutture permanenti o di lunghissima durata. In ogni caso, dev’essere presente una quantità maggiore di massa, detta “massa mancante”, che le tiene unite. Sebbene siano state scoperte alcune nubi di idrogeno nucleare intergalattico e si sappia che esistono altre forme di gas intergalattico, non sembra comunque che la materia sotto questa forma possa essere neppure lontanamente sufficiente a colmare la lacuna. La scoperta che molte galassie sembrano possedere grandi aloni di stelle morte, nane brune (deboli stelle di scarsa massa) o più piccoli agglomerati di materia, è di qualche aiuto nel far quadrare i conti; alcuni astronomi, però, ritengono che gli ammassi possano mantenersi uniti soltanto se contengono anche un gran numero di particelle nucleari di tipo sconosciuto per le quali, a tutt’oggi, non esiste una prova diretta. Amelia Fraser-McKelvie, studentessa di ingegneria aerospaziale, ha confermato, tramite studi ai raggi X, la presenza di questa massa mancante in strutture cosmiche di grande scala fra i gruppi di galassie, chiamate filamenti.