La tecnica oggi assodata è quella della vitrificazione. «Il congelamento ultra rapido degli ovociti garantisce alti livelli di sopravvivenza e di fecondazione, quindi ottime possibilità di successo», assicura lo specialista di ProCrea. «Il trattamento prevede una stimolazione ormonale per produrre un maggior numero di ovociti. La paziente deve produrre almeno 10 ovociti, la raccolta deve essere fatta preferibilmente prima dei 35 anni. Più è giovane la paziente più ci sono possibilità di recupero. Il prelievo avviene poi con una lieve sedazione ed è assolutamente indolore. Quindi gli ovociti, il cui numero dipende da diversi fattori quali l’età della donna, eventuali patologie concomitanti e gli interventi pregressi sull’apparato genitale, vengono crioconservati in azoto liquido in piccole provette. Qui possono rimanere, secondo la legge elvetica, fino a cinque anni». Per iniziare una gravidanza gli ovociti ottenuti dopo scongelamento vengono inseminati con la tecnica di microinseminazione degli spermatozoi (ICSI). Avvenuta la fecondazione gli embrioni vengono trasferiti nell’utero della donna dopo circa 2-3 giorni.
L’innalzamento dell’età del primo figlio è un dato di fatto. In Italia l’età media al parto si è alzata dai 29,1 anni del 1991 ai 31,4 del 2012 (dati Istat). Una donna su tre partorisce dopo i 35 anni con quote in crescita per le donne che diventano mamma dopo i 40 anni. «Ma con il passare del tempo, aumentano anche i problemi nel contrarre una gravidanza», mette in guardia Jemec. «Dopo i 35 anni infatti, la fertilità di una donna inizia rapidamente a diminuire; così, avere un bambino si trasforma sempre più spesso in una sfida contro il tempo. La crioconservazione degli ovociti permette di “fermare” il tempo offrendo alla donna la possibilità di avere a disposizione una riserva ovocitaria per affrontare la gravidanza in un secondo momento».
Medicina, crioconservazione degli ovociti: posticipare la maternità senza rinunciare alla fertilità
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