Fu l’olandese Jakob Roggeveen a sbarcare sull’isola proprio nel giorno della domenica di Pasqua del 1722, motivo per il quale l’isola fu battezzata Isola di Pasqua. Nella lingua locale, è chiamata Rapa Nui, ovvero, grande isola o roccia.
Il turismo rappresenta per l’isola un’importante risorsa, ma l’aumento eccessivo di visitatori negli ultimi anni ha allarmato la popolazione locale che desidera preservare il territorio da alcuni fenomeni legati al turismo, quali l’ aumento dell’edilizia alberghiera e l’ aumento dei voli da e per l’isola, e quindi dell’inquinamento.
Abitata oggi da circa 6.000 abitanti, l’isola lotta per resistere a quella che viene definita nuova ondata di colonizzazione da parte dei Cileni. Se è vero che l’isola è annessa politicamente al Cile, da un punto di vista storico e sociale, l’isola di Pasqua si caratterizza per la sua unicità sia per le tradizioni che per elementi ambientali che la rendono uno degli ultimi paradisi terrestri.
Il governo cileno, infatti, sta trasformando l’isola in un immenso resort turistico di lusso. Tanto che adesso l’assemblea dei Rapa Nui ha posto nuovamente la questione dell’indipendenza, o in alternativa dell’annessione alla Polinesia, e ha annunciato che esporrà il problema alla Corte Internazionale dell’Aia.
Con l’apertura di nuove rotte dedicate dagli Stati Uniti, e il potenziamento del servizio della compagnia aerea cilena LAN nella tratta da Santiago, il flusso di turisti è cresciuto del 50% negli ultimi anni: ogni anno sull’isola sbarcano più di 90mila turisti.
Il Cile poi ne ha fatto una sorta di paradiso fiscale, e la costruzione di vere e proprie cittadelle turistiche lo rende appetibile come buen retiro dell’alta borghesia cilena oltre che come nuova meta turistica preferita della classe media. Ma questo boom di visitatori non piace agli abitanti.
Le lotte dei Rapa Nui sono cominciate nel 2009 con il blocco dell’aeroporto. Poi sono continuate e si sono esacerbate nel 2010, con diverse occupazioni pacifiche in cui le varie tribù cercavano di riappropriarsi delle loro zone di provenienza, proteste che sono state represse nel sangue dall’esercito cileno su ordine del nuovo presidente Sebastian Pinera.
L’isola di Pasqua è un’isola vulcanica formata sostanzialmente da 3 vulcani spenti, il Terevaka, che costituisce la parte centrale dell’isola, e due vulcani più piccoli il Poike nella parte orientale dell’isola e il Rano Kau nella parte meridionale .
Insieme alle sue isole minori come Motu Nui e Motu Iti, l’isola di Pasqua è la sommità di un grande cono vulcanico che si erge dal fondo oceanico da una profondità di più di 2.000 metri.
L’isola ospita i famosi busti dalle sembianze umane, detti moai nella lingua locale. Sull’isola esistono 638 moai secondo le ricerche condotte negli ultimi anni, e il loro scopo non è tuttora noto con certezza. Secondo alcuni, le statue rappresenterebbero capi tribù indigeni morti; secondo la credenza popolare avrebbero permesso ai vivi di prendere contatto con il mondo dei morti, per altri sono stati eretti per richiamare abbondanza e prosperità agli abitanti dell’isola.
I moai sono statue monolitiche ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico; alcune possiedono sulla testa un tozzo cilindro (pukao) ricavato da un altro tipo di tufo di colore rossastro, interpretato come un copricapo oppure come l’acconciatura un tempo diffusa tra i maschi; solitamente sono alti da 2,5 metri fino a 10 metri e spesso sono visibili solo le teste delle statue, ma recenti scavi hanno trovato l’evidenza di un corpo sotto di esse. Sul dorso delle statue sono incisi simboli in rongorongo, scrittura locale, in particolare la ‘falce’ detta Vaka, che potrebbe rappresentare una canoa. Probabilmente questi simboli incisi sulle statue indicano l’identità dell’artista, o del gruppo, proprietario dell’opera.