La piena della Sava è la minaccia principale dalla Croazia a Belgrado, dove il fiume si getta nel Danubio. La situazione è particolarmente tesa a Sabac, Sremska Mitrovica e Belgrad, e a Orasje, nella vicina Bosnia. Migliaia di volontari lottano nel nord-est della Bosnia per rinforzare gli sbarramenti lungo il fiume, nella regione di Bijeljina, mentre la cittadina di Orasje è circondata dalle acque che hanno già invaso i villaggi vicini.
A Belgrado una diga di sacchi di sabbia lunga 12 chilometri è stata eretta dai volontari sulle rive del fiume, per impedire alle acque di inondare la case. A Obrenovac, una delle città serbe più colpite, i soccorritori sono riusciti a contenere al piena che minacciava la centrale termica Nikola Testa, che produce la metà dell’energia consumata nel Paese. Più di 30mila persone sono stati evacuate a oggi nelle regioni colpite, 13.600 solo a Obrenovac. In Bosnia, gli sfollati sono oltre 100mila, l’esodo più grande dalla guerra etnica del 1992-1995.
Il meteo più clemente, soleggiato con temperature attorno ai 22 gradi, ha consentito alle autorità di avviare i lavori di sgombero e disinfestazione delle aree colpite, compito della massima importanza per evitare una “catastrofe epidemiologica”.
“Dobbiamo affrontare una dura lotta contro le epidemie e le malattie, che sono una conseguenza inevitabile delle inondazioni” ha detto il premier dell’entità croato-musulmana di Bosnia, Nermin Niksic.
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