Situazione difficile nel nord-est della Bosnia, attorno a Orasje, dove i volontari hanno eretto un muro di sacchi di sabbia lungo sei chilometri sulle rive della Sava. “la Sava continua a minacciare. I danni sono tali che ci vorranno dieci anni perchè la regione si riprenda” ha detto Blaz Zuparic, dirigente del comune di Orasje. Parecchi villaggi nei dintorni sono ancora sommersi dalle acque, come Kopanica, dove affiorano solo i tetti delle case. “Solo Dio più aiutarci. Al di là della catastrofe ecologica, questa regione assisterà al secondo esodo in 22 anni” ha aggiunto Zuparic, riferendosi all’ondata di profughi causata dalla guerra di Bosnia del 1992-95.
Nelle città dove l’acqua si è ritirata, è corsa contro il tempo per pulire e disinfettare, allo scopo di evitare le epidemie. In Bosnia e Serbia, i cadaveri di decine di tonnellate di carcasse di animali, mucche, pecore, maiali annegati, sono in decomposizione. Il meteo più clemente, soleggiato con temperature fino a 24 gradi, ha consentito alle autorità di iniziare i lavori di disinfezione. “Bisogna agire in fretta,per evitare una catastrofe ancora più grave, le malattie infettive” ha detto il ministro serbo della Sanità. Le prime stime sui danni in Serbia sono molto superiori al livello dello 0,54% del Pil, che consente lo sblocco dei fondi Ue per necessità umanitarie immediate del Paese. Il premier Aleksandar Vucic ha detto che gli esperti valutano i danni in un miliardo di euro. In Bosnia si parla di danni per centinaia di milioni di euro. La situazione umanitaria è particolarmente preoccupante nel piccolo paese, dove più di un quarto del 3,8 milioni di abitanti è stato colpito dalla catastrofe, con oltre 100mila sfollati, nell’esodo più grande dalla guerra di Bosnia. In Serbia gli sfollati sono circa 30mila,e 15mila in Croazia. Gli aiuti internazionali continuano ad arrivare nel paese, dove circa 400 soccorritori dei paesi Ue lavorano a fianco dei colleghi locali.
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