La grande macchia rossa di Giove, la tempesta più potente dell’intero sistema solare, è alla sua minima estensione. Nessuno ne conosce il motivo, ma le immagini del telescopio spaziale Hubble sono inequivocabili. Attualmente la formazione del gigante gassoso è stimata in poco meno di 16.500 chilometri, un diametro pari a meno della metà di quello registrato nel 1800. Con un diametro piu’ grande rispetto a quello della Terra, la macchia corrisponde ad una gigantesca tempesta, con una zona centrale rossastra racchiusa da una ‘cornice’ di un giallo pallido, arancione e bianco. In questa zona soffiano venti fortissimi, la cui velocita’ puo’ raggiungere centinaia di chilometri orari. Le stime basate sulle osservazioni condotte a fine ’800 stimavano che la macchia raggiungesse una larghezza massima di 41.000 chilometri, oltre il triplo del diametro terrestre. Gia’ fra il 1979 e il 1980 la lunghezza massima della macchia si era ridotta a 23.335 e adesso e’ piu’ piccola che mai: appena 16.500 chilometri. Dal 2012, pero’, la macchia ha cominciato a ridursi a un ritmo piu’ serrato, quasi mille chilometri l’anno, e oggi le immagini di Hubble hanno permesso di misurare ”il diametro piu’ piccolo mai misurato”, osserva Amy Simon, del centro Goddard della Nasa.
STORIA DELLE OSSERVAZIONI – Anche in un piccolo telescopio la superficie di Giove rivela un certo numero di dettagli; fin dai primi tempi dell’astronomia telescopica non vi furono seri dubbi che la superficie fosse gassosa. Restavano tuttavia molti problemi, uno dei quali riguardava la natura della Grande Macchia Rossa. A differenza delle macchie più piccole, che hanno vita breve, essa viene osservata da diversi secoli: a volte scompare per mesi o anni, ma sempre ritorna. La prima ipotesi, che si trattasse cioè di un vulcano in attività che spuntava dalle nubi, fu presto respinta; vi era invece un notevole sostegno a favore di una teoria proposta da Bertrand Peek (1891-1965), un astronomo dilettante inglese che fu uno dei migliori osservatori di pianeti dei suoi tempi. Peek tracciò un’analogia col comportamento di un uovo che venga immerso in un recipiente d’acqua: l’uovo scenderà sul fondo, ma un’aggiunta di sale nell’acqua ne aumenta la densità e fa si che l’uovo risalga. Peek suggerì che la Grande Macchia Rossa fosse un corpo solido o semisolido in galleggiamento nei gas esterni di Giove. Se i gas diventavano più densi, la macchia saliva; se diventavano meno densi, la macchia affondava e spariva. La teoria era molto plausibile, ma gli esami ravvicinati delle sonde spaziali hanno finito per smentirla. La Grande Macchia Rossa fu vista solo dopo il 1830 e ben studiata solo dopo un’apparizione di rilievo del 1879. Un salto di 118 anni separa le osservazioni del 1830 dalla sua scoperta, nel XVII secolo; non è noto se la macchia originaria si sia dissolta e poi ricostituita, se sia sbiadita, o anche se i resoconti delle osservazioni furono semplicemente di scarsa qualità. Le macchie più vecchie ebbero una storia osservativa più breve ed un moto più lento rispetto alla macchia attuale e ciò rende la loro identificazione incerta. Le missioni Pioneer e Voyager dimostrarono che la Grande Macchia Rossa è una tempesta vorticosa. La sua longevità sembra dovuta alle dimensioni eccezionali. Forse non è permanente, ma oggi sappiamo che la sua massima estensione è avvenuta nel 1878 e che sta divenendo sempre meno estesa.
LA MACCHIA ROSSA OGGI – Soltanto qualche decennio fa Grande Macchia Rossa poteva ospitare un pianeta vasto tre volte la Terra, mentre allo stato attuale risulta essere poco più grande del nostro pianeta. La grande tempesta anticiclonica, osservata sicuramente già tre secoli fa, si sta riducendo di 933 chilometri all’anno, una distanza simile a quella che separa Taranto da Milano. Essa si sta riducendo gradualmente fin dagli anni ’30, al punto che da ovale che era inizialmente e’ diventata quasi circolare, ma finora non era mai stata cosi’ piccola. Le ultime osservazioni dimostrano che piccoli altri vortici stanno alimentando la tempesta. E’ ipotizzabile, pertanto, che questi siano responsabili del cambiamento, alterando le dinamiche interne e l’energia della Grane Macchia Rossa. Le sonde spaziali hanno evidenziato che essa ruota in verso antiorario con un periodo di sei giorni terrestri, corrispondenti a 14 giorni gioviani. Osservazioni nell’infrarosso hanno indicato che la Grande Macchia Rossa è più fredda (e quindi, raggiunge altitudini maggiori) della maggior parte delle altre nubi sul pianeta (con una temperatura che è inferiore a ?160 °C. Gli astronomi hanno ricostruito una mappa di temperatura, aerosol e ammoniaca della tempesta per comprendere come la circolazione cambia nello spazio e nel tempo. La parte centrale della macchia, di colore arancio-rosso, è di circa 3 o 4 gradi più calda rispetto all’ambiente circostante; questa differenza di temperatura è abbastanza marcata da permettere alla circolazione della tempesta, di solito anti-oraria, di cambiare senso divenendo debolmente oraria nella regione centrale. Il suo periodo di rotazione è diminuito col tempo, forse come conseguenza della costante riduzione nelle dimensioni. La latitudine della Grande Macchia Rossa è rimasta stabile per tutta la durata di tempo per cui sono disponibili osservazioni attendibili, variando tipicamente entro un grado. La sua longitudine, tuttavia, varia costantemente.