All’indomani del nostro “viaggio” tra le ciarle dei presunti “veggenti” dei fenomeni sismici, sono stati in tanti a complimentarsi per il nostro certosino lavoro ma, come spesso accade in questi casi, c’è anche una fetta importante di persone che, giustamente, lo ha ritenuto fuorviante. C’è addirittura chi, assurgendosi a simbolo della verità assoluta, si è preso gioco del nostro lavoro “invitandoci” a fare di meglio e cioè arrivare a smentire (semmai ce ne fosse ancora bisogno), possibilmente scientificamente, il fenomeno delle “scie chimiche”. Potremmo mai deludere, noi di MeteoWeb, i nostri affezionatissimi lettori? Ma assolutamente no.
Secondo la più strampalata delle teorie, la presenza nei nostri cieli di scie bianche (le cosiddette scie di condensazione) è semplicemente dovuta al fatto che esse sono formate da sostanze chimiche irrorate, a nostra insaputa, principalmente da aerei militari per il controllo del clima. Secondo, invece, la più corretta delle teorie, esse non sono altro che nubi che si formano prevalentemente ad una quota di 8000 metri, in alta troposfera e che, per le bassissime temperature presenti, sono costituite da cristalli di ghiaccio prodotti dal rapido raffreddamento del vapore acqueo che cristallizza attorno a particelle di aerosol, anch’esse espulse dai motori dei aerei. Non pretendiamo affatto di convincere gli assertori della teoria del “complotto” ma, di contro, cerchiamo di condurre al ragionamento gli indecisi.
I meteorologi, i piloti di linea, i controllori di volo italiani e stranieri confermano, infatti, che nei cieli non ci sono aerei misteriosi che scaricano sostanze altrettanto misteriose: ci sono invece tanti aerei di linea e aerei militari, i cui motori generano le suddette scie di condensazione. Possono essere effimere o anche molto persistenti: dipende dal tipo di motore e dalle condizioni meteorologiche in quota. Le scie s’incrociano e formano reticoli perché gli aerei, come le automobili, seguono percorsi che a volte s’incrociano. Questi fatti sono noti da decenni e non sono un mistero per nessuno, tranne che per chi non ha studiato l’argomento e per chi vuole inventare paure ad ogni costo. I libri di aeronautica e di meteorologia che spiegano questi fenomeni si trovano in qualunque biblioteca e sono a disposizione di chiunque voglia davvero informarsi. Non intendiamo concedere ulteriore spazio al nulla ed optiamo per chiudere con una citazione del giornalista Paolo Attivissimo il quale, a precisa domanda, definisce le scie chimiche “aria fritta con contorno di bufala e grana”.
Ciò assodato preferiamo, invece, “indagare” su qualcosa di più concreto e cioè sull’eventuale impatto sul clima delle emissioni del trasporto aereo. Abbiamo rivolto la domanda alla Dott.ssa Natalia De Luca del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università de L’Aquila: “Le emissioni del trasporto aereo possono alterare la composizione chimico-fisica dell’atmosfera a livello globale e causare di conseguenza cambiamenti climatici e variazioni del contenuto di ozono, sia in troposfera che in stratosfera. L’impatto climatico delle emissioni da aerei è dovuto principalmente all’emissione di CO2 e all’ emissione di gas o particelle come ossidi di azoto ed aerosol. La nascita dell’interesse per l’impatto delle emissioni degli aerei sul clima e l’ozono risale a circa 40 anni fa, quando negli anni ’60 sia Stati Uniti che Regno Unito avevano in programma lo sviluppo di un aereo supersonico, sollevando preoccupazioni su eventuali rischi per l’ozono stratosferico (programmi CIAP, COMESA e COVOS)“.
“Negli ultimi 10 anni – afferma la Dott.ssa De Luca – l’attenzione si è spostata principalmente sull’aumento di contrails (scie di condensazione) e cirri. Il più completo trattato sull’impatto delle emissioni dell’aviazione sul clima e sull’ozono, è rappresentato dal Report Speciale ‘Aviation and the Global Atmosphere’, pubblicato alla fine degli anni novanta dall’IPCC (Intergovernmental Panel on ClimateChange). Gli studi a riguardo sono diventati sempre più numerosi negli ultimi anni e le pubblicazioni e i risultati più aggiornati, ottenuti nei molteplici programmi di ricerca nazionali e internazionali, sono stati raccolti e discussi nel recente Report Scientifico Europeo sull’impatto delle diverse forme di trasporto ed in particolare del trasporto aereo: “TransportImpacts on Atmosphere and Climate: Aviation” (Lee et al., 2010), un aggiornamento del report IPCC del 1999. In accordo con l’attuale stato della conoscenza sull’argomento, le emissioni degli aerei influenzano direttamente la chimica atmosferica ed il clima in termini di Forcing Radiativo (RF).
Il forcing radiativo è un parametro utilizzato per quantificare la perturbazione del bilancio radiativo terrestre ed è definito come la variazione della radiazione media al limite della troposfera a causa di forzature esterne (in genere di tipo antropico) nel bilancio della radiazione solare o di quella infrarossa. Un forcing radiativo positivo tende, in media, a riscaldare la superficie, mentre un forcing negativo tende, in media, a raffreddarla“.
La Dott.ssa De Luca afferma, inoltre, che le emissioni degli aerei possono contribuire al forcing radiativo mediante diversi processi:
– l’emissione di CO2 e H2O danno un contributo positivo al forcing radiativo globale poiché agiscono da gas serra con assorbimento della radiazione planetaria infrarossa;
– l’emissione di aerosol di zolfo dà un contributo negativo al forcing radiativo mediante scattering della radiazione solare incidente
– l’emissione di aerosol di carbonio nero (black carbon, BC) dà un contributo positivo per assorbimento della radiazione solare incidente;
– le scie di condensazione persistenti in coda agli aerei possono dare un contributo potenzialmente sia positivo (per assorbimento della radiazione infrarossa) che negativo (scattering della radiazione solare incidente) in funzione delle condizioni atmosferiche.
“Le emissioni degli aerei, per di più, influenzano anche indirettamente la chimica atmosferica ed il clima mediante l’emissione di ossidi di azoto (NOx) che in troposfera innescano reazioni chimiche che producono ozono, con forcing radiativo positivo (da azione di O3 come gas serra). Le stime dell’ IPCC hanno messo in evidenza come il contributo al forcing radiativo globale da parte delle emissioni dell’aviazione potrebbe oscillare, per uno scenario relativo al 2050, tra il 3 e il 7% della forzatura totale antropica. Il problema dell’influenza delle emissioni aeree sulla chimica atmosferica e sul clima è quindi oggetto di studio della comunità scientifica già da svariati anni. Più precisamente è attualmente in corso un progetto finanziato dalla Comunità Europea denominato REACT4C (Reducingemissions from aviation by changingtrajectories for the benefit of climate) che ha lo scopo di studiare rotte alternative proprio per mitigare l’impatto di queste emissioni sulla chimica dell’ozono stratosferico che come abbiamo detto può influenzare notevolmente il clima. Aggiungerei una ulteriore riflessione. Guardando più vicino a noi le emissioni del traffico stradale rappresentano un rischio molto maggiore non solo per il clima ma soprattutto per la salute umana. I veicoli stradali infatti contribuiscono in modo significativo alle emissioni di inquinanti atmosferici rilevanti non solo per il clima globale, ma anche per la qualità dell’aria locale, in particolare attraverso l’emissione di CO2, CH4, NMHC (idrocarburi non-metanici), CO, NOx (e quindi O3 come inquinante secondario formato fotochimicamente), PM (cioè aerosol, prevalentemente carbonacei e solforici) e SO2. L’ozono troposferico – conclude la De Luca – è uno degli inquinanti di maggior interesse per i suoi effetti nocivi sulla salute e sulla vegetazione data la sua elevata capacità ossidante. Gli effetti dell’ozono sulla salute umana si evidenziano per lo più a carico delle vie respiratorie mentre anche a basse concentrazioni l’ozono può danneggiare le colture agricole e gli ecosistemi. Rispetto al periodo pre-industriale l’ozono troposferico è notevolmente aumentato a causa dell’inquinamento antropico (maggiore emissione di precursori chimici come gli ossidi di azoto). Anche il particolato emesso dai veicoli a motore ha effetti nocivi sulla salute. Il sistema principalmente attaccato è quello respiratorio e il fattore di maggior rilievo per lo studio degli effetti è la dimensione delle particelle in quanto da essa dipende la capacità di penetrazione nelle vie respiratorie. Le particelle fini sono quelle che hanno il massimo impatto sulla salute dell’uomo perché quando vengono inalate arrivano fino ai polmoni, dove vengono assorbite alla superficie delle cellule, creando danni seri alla salute. Studi epidemiologici hanno dimostrato l’esistenza di consistenti e significative associazioni fra tassi di mortalità giornalieri e a lungo termine e concentrazione nell’aria di particolato, con riferimento in particolare al cancro polmonare ed alle malattie cardiocircolatorie“.