Alle 8:32 del 18 Maggio 1980, il Mount St.Helens (Stato di Washington) dava origine all’evento vulcanico più mortale ed economicamente più distruttivo nella storia degli Stati Uniti. Circa 2,5 chilometri cubi del suo fianco nord scomparvero con la relativa frana, e la cima da quel momento, si abbassò di 350 metri; l’intero versante nord del vulcano scivolava via sulla dorsale e il St. Helens iniziava ad eruttare in modo molto violento con gigantesche esplosioni ed eruzioni di vapore, cenere e detriti rocciosi. L’esplosione fu sentita a centinaia di chilometri di distanza, l’onda di pressione appiattì intere foreste, il caldo fuse i ghiacciai provocando inondazioni e colate di fango devastarono il territorio circostante provocando la morte diretta di 57 persone. Si formò un’altissima colonna di fumi che depositò ceneri su gran parte degli Stati Uniti d’America. Nonostante le estese evacuazioni molte persone rimasero uccise, tra cui il vulcanologo David Johnston che stava monitorando la sua attività. E’ stato il vulcano più attivo degli ultimi 10.000 anni.
IL MOUNT ST. HELENS OGGI – Oggi la montagna misura 2550 metri sopra il livello del mare e resta un vulcano attivo. Fino a pochi anni fa si sapeva poco o nulla della sua attività eruttiva, in quanto i dati geologici più precisi risalgono ad appena 20.000 anni. Il Monte St. Helens è stato caratterizzato da pochi fenomeni eruttivi intervallati da periodi di riposo variabili da 5.000 anni fino a un minimo di 200. Ed è proprio a distanza di oltre un secolo dall’ultima eruzione che il vulcano ricominciò a dare segni di risveglio, come accaduto nel 1980. L’ultima dichiarazione del Cascades Volcano Observatory, ai giorni attuali, riferisce segnali di sollevamento del suolo e una debole attività sismica che, tuttavia, non sarebbero precursori di un’imminente eruzione. Tra il 2004 e il 2008 gli scienziati del Pacific Northwest Sesmic Network hanno analizzato attentamente la cupola dell’edificio vulcanico. Le analisi condotte hanno evidenziato che il serbatoio magmatico è stato lentamente ri-pressurizzato dal 2008 a causa dell’arrivo di una piccola quantità di magma supplementare a circa 5 chilometri sotto la superficie. Un fenomeno già osservato in altri vulcani esplosi di recente che potrebbe durare ancora a lungo. USGS e PNSN stanno continuando a monitorare le deformazioni del suolo e la sismicità del Mount St. Helens nel tentativo di saperne di più sulla sua attvità. Molto importanti saranno due tipi di misurazioni che cominceranno la prossima estate: esse misureranno i tipi e le quantità di gas vulcanici rilasciati e la forza del campo gravitazionale del vulcano. Le infomazioni raccolte aiuteranno i ricercatori ad interpretare non solo il Mount St.Helens, ma anche a migliorare le capacità previsionali di altri vulcani attivi. Il progetto, l’Imaging Magma Under St. Helens, com’è stato denominato, finanziato congiuntamente dalla National Science Foundation e dal servizio geologico degli Stati Uniti, proverà, attraverso studi approfonditi, a produrre un quadro più preciso del sistema idraulico sotto la superficie del vulcano.