Siamo soli nell’universo? E’ la domanda a cui l’umanità, nonostante il continuo progresso tecnologico, non sa ancora rispondere. Da sempre l’uomo si interroga su una tra quelle che vengono definite le “domande da un milione di dollari” al cui tema hanno contribuito le maggiori intelligenze nel corso dei secoli. Il grande avvenimento del primo uomo sulla Luna pone in una luce nuova il problema dell’esistenza di vita negli altri corpi celesti e del contatto della Terra con i possibili abitatori di questi mondi. Secondo una scuola di pensiero, se esistono nella galassia miliardi di sistemi planetari, su un gran numero di pianeti devono anche esistere condizioni simili a quelle terrestri; e se nasce la vita ovunque vi siano condizioni favorevoli, allora essa dev’essere abbondante e diffusa nell’universo.
UN PO’ DI STORIA – La questione dell’esistenza di altri mondi come luoghi abitabili si è dibattuta prevalentemente solo dopo l’invenzione del telescopio e la sua diffusione a partire dal XVII secolo. Malgrado questo, già nell’Antica Grecia, alcuni filosofi intuirono che nell’infinita estensione dell’universo sarebbe stato possibile imbattersi in altri mondi popolati. Dopo che il Cristianesimo ebbe preso piede, sulla scorta di Aristotele l’idea di vita su altri mondi venne prevalentemente rigettata, in quanto era vista in contraddizione con la pretesa centralità dell’uomo nel piano della creazione divina, ma rimase comunque oggetto di dibattito nel corso del tempo. Tommaso d’Aquino, in piena egemonia tolemaica, ventilò l’ipotesi di più mondi abitati e perciò bisognosi di redenzione, negando invece quella di altri universi. A cavallo tra il ‘600 e l’800, il dilemma fu affrontato da una serie di filosofi e teologi, arrivando a dibattere nel mondo accademico. Tra i sostenitori della vita su altri mondi l’astronomo francese Camille Flammarion, che divulgò le sue idee nei suoi libri. Negli anni compresi tra l’800 e il ‘900, Giovanni Virgilio Schiaparelli fornì le “prove” dell’esistenza di altre forme di vita su Marte dopo aver osservato i “canali” sulla superficie del pianeta rosso. Un’idea che sconvolse il mondo, ma che venne confutata nelle osservazioni successive e chiarita come una semplice illusione ottica dovuta agli strumenti non eccelsi dell’epoca. Nel 1961 l’astronomo Frank Drake propose, in modo puramente speculativo, l’equazione omonima, come tentativo di stimare il numero di civiltà extraterrestri evolute presenti nella nostra galassia, la Via Lattea. Dalla fine degli anni quaranta, il dibattito sull’esistenza degli extraterrestri si è ulteriormente diffuso a livello popolare con la nascita dell’ufologia: molti ufologi sostengono infatti che gli alieni visitino regolarmente il nostro pianeta, e gli UFO sarebbero i loro mezzi di trasporto. E infine l’era spaziale dalla fine degli anni sessanta, ha mostrato all’opinione pubblica ciò che gli scienziati già sapevano, cioè che la superficie degli altri pianeti del sistema solare è troppo inospitale per sostenere esseri viventi complessi.
IL FENOMENO UFO – Il 24 Giugno del 1947 un pilota americano, Kenneth Arnold, avvistò in prossimità del monte Rainier (Stato di Washington) una formazione di misteriosi oggetti volanti. Da quel giorno la stampa di tutto il mondo ha preso ad occuparsi di frequente dello sconcertante fenomeno. Denominati dischi volanti in Italia, questi oggetti continuano a distanza di decenni ad essere segnalati nei cieli di tutto il mondo. Discoidali, sferoidali, cilindrici e con le più svariate forme, ad essi si addice ormai la nota denominazione anglosassone coniata dai militari americani “Unidentified Flying Objects” o UFO, letteralmente tradotto come oggetti volanti non identificati. Dal 1947 ad oggi, i vari organi di informazione hanno segnalato decine e decine di migliaia di avvistamenti e vari presunti atterraggi di tali oggetti. Le testimonianze sono arrivate non soltanto da gente comune con gli occhi rivolti all’insù, ma anche da militari, professionisti, piloti in volo. Negli USA l’United States Air Force, l’aeronautica militare americana, ha studiato il fenomeno sin da quella notte del 1947 attraverso gli appositi progetti Project Sign e Project Grudge, poi seguiti dal Project Book. Vari ufficiali dell’aeronautica militare italiana hanno asserito di aver visto transitare oggetti anomali sul litorale tirrenico, come riferisce testualmente un comunicato ufficiale rilasciato, nell’Ottobre del 1954, dal ministero della Difesa. Ma non soltanto osservazioni dirette: esistono molteplici casi in cui questi oggetti sarebbero apparsi sui radar delle torri di controllo, per poi sparire improvvisamente nel nulla. Negli USA, in Francia e in Canada furono istituite vere e proprie commissioni di studio ufficiali, mentre in Brasile, nell’ex URSS, in Spagna, in Iran e in Kuwait vennero promosse incheste dalle proprie autorità. In una conferenza stampa tenutasi a Firenze nel 1978, il prof. Joseph Allen Hynek disse: ”quando ho iniziato le prime ricerche sugli UFO nel 1948, ero completamente scettico. Credevo che si trattasse solo di sciocchezze, più o meno di una moda che sarebbe passata con il tempo. Ma non è stato così. Ora, secondo me il fenomeno esiste e non è limitato al solo mondo occidentale ma è globale, presente cioè su tutta la Terra. Il 90% dei casi può essere spiegato in modo razionale, con riferimenti a fenomeni naturali o di origine meccanica tradizionale. Ma rimane un 10% del tutto inspiegabile, secondo queste interpretazioni. E spesso le testimonianze vengono da persone di indubbia serietà e responsabilità”. Queste parole valgono ancora oggi, nonostante siano trascorsi oltre 30 anni. Dal 21 Agosto del 1970, su mozione del professor Antony Hewish, scopritore delle pulsar, il congresso dell’Unione Astronomica Internazionale ha stabilito la necessità di tenere segreta alle masse l’eventuale esistenza di creature extraterrestri per tema delle ancora imprevedibili conseguenze che la notizia potrebbe avere, a tutti i livelli, su un’opinione pubblica impreparata. L’umanità, secondo l’organizzazione, si ritroverebbe di fronte ad uno shock enorme.
I PIANETI EXTRASOLARI – Secoli di storia, con particolare riferimento agli ultimi decenni che hanno visto il proliferare dell’attività spaziale, ci hanno consentito di esplorare parte del nostro sistema planetario; che è un granello di sabbia nell’universo. Il dibattito sulla presenza di vita su altri mondi si è ora spostato verso i pianeti extrasolari, mondi esterni che, come il nostro, hanno una stella madre intorno alla quale percorrono la propria orbita. Affinchè la vita come la conosciamo possa evolversi, è necessario che ogni corpo celeste goda di alcune basi fondamentali che consentano un clima e una gravità gradevoli. Per tale motivo la ricerca è stata intensificata verso gli esopianeti della fascia abitabile, ossia quella porzione di spazio entro la quale un mondo possa ospitare acqua allo stato liquido e di conseguenza temperature gradevoli.
I NUMERI DEL COSMO – La nostra galassia è composta da un numero imprecisato di stelle, che stime recenti attestano tra i 200 e i 400 miliardi. Stelle che a loro volta potrebbero ospitare, e in alcuni casi è una certezza, un sistema planetario. Considerando la presenza di almeno 100 miliardi di galassie nell’universo conosciuto, pare assai improbabile che la vita possa essersi sviluppata soltanto sul nostro pianeta. E qui torna in mente una citazione del film “Contact” del 1997, dove la protagonista Jodie Foster, descrive un potenziale universo disabitato come un enorme spreco di spazio. Ma al di la delle opere mediatiche, alcuni astronomi stimano che vi siano oggi almeno un milione di civiltà tecnologicamente avanzate, capaci di comunicazioni interstellari. Altri ribattono che la sequenza di eventi casuali che ha portato sulla Terra all’evoluzione della vita intelligente è così insolita da non potere essere ripetuta in un altro luogo. Altri ancora sostengono che se la vita intelligente è così comune, dovrebbero già esistere molte specie più evolute di noi, specie in relazione alle grandi estinzioni avvenute sul nostro pianeta che, su altri mondi, potrebbero anche non essersi verificate.
DOVE SONO? – E allora non può che tornare in mente una storica domanda formulata dal grande fisico Enrico Fermi, che osservò: “Se sono così tanti lassù, dove sono?”. La risposta è più complessa di quanto si possa immaginare. Le comunicazioni o peggio, i viaggi interstellari, non solo richiederebbero una tecnologia avanzatissima e con tutta probabilità un lasso di tempo enorme, ma non è detto che possano essere sviluppati attraverso evoluzioni che in realtà sono soltanto immaginate dalla nostra mente; delle quali non abbiamo nemmeno evidenze scientifiche. Viaggi attraverso i buchi neri, aperture spazio-temporali, velocità superiori a quelle della luce, sono soltanto teorie formulate senza evidenze sperimentali. Scienza e fantasia, due concetti a prima vista antitetici, ma in profondo collegati da misteriosi scambi e imprestiti, hanno dato i loro ètimi per comporre il neologismo sassone science fiction e il suo felice calco italiano, fantascienza. Il desiderio di evasione nei mondi del possibile e dell’impossibile, il desiderio di farsi stupire. Motivi riconducibili a quell’eterno bisogno dell’uomo di fantasticare, di meravigliarsi, di provare nuove emozioni, che ha dato vita alle fiabe, alle saghe, ai poemi epici e cavallereschi, ai romanzi classici d’avventura. Oltre alla ragione conoscitiva di un desiderio di anticipazione, di sollevare il velo del futuro per conoscere il domani, fra dieci, cento o mille anni. La curiosità di conoscere le profondità del cosmo.
IL PROGETTO SETI – Sin dal 1974, anno in cui nacque il progetto SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence, gli abitanti della Terra inviano segnali nel cosmo e cercano di riceverne grazie alle antenne più grandi del pianeta. Esperimenti controversi che sino ad oggi, a parte nelle pellicole cinematografiche, non hanno prodotto alcun risultato. Tuttavia, Il fatto che le ricerche SETI non abbiano prodotto nulla di molto interessante fino ad ora non è di per sé causa di disperazione. Come visto in precedenza, cercare un’altra civiltà nello spazio è un’impresa difficile. Inoltre noi abbiamo finora indagato in una piccola frazione dello spettro dei possibili bersagli, delle possibili frequenze, dei possibili livelli di potenza e così via. Questo pone le basi per poter continuare la ricerca.
Com’era facilmente intuibile non abbiamo fornito una risposta alla domanda. E non c’è da stupirsi. Ma abbiamo racchiuso migliaia di anni di storia di un quesito sul quale aleggia uno dei più grandi misteri dell’universo. Forse un giorno l’uomo riuscirà a comunicare con altre forme di vita, o forse sarà già estinto prima di riuscirci; ciò che è certo, è che il fascino di questo tema rimarrà immutato per sempre.