Solo un quarto degli adolescenti colpiti da tumore in Italia è curato nei centri di oncologia pediatrica. Gli altri accedono alle strutture dedicate agli adulti oppure non ricevono terapie adeguate perché non riescono a entrare in strutture di eccellenza. La ricerca ha cambiato radicalmente la storia naturale della malattia nei ragazzi di età compresa fra 15 e 19 anni. Le guarigioni negli adolescenti sono cresciute del 17% negli ultimi 15 anni e oggi sono pari all’86%. Ma troppo spesso i giovani si trovano in una “terra di nessuno”, chiusi tra il mondo dell’oncologia pediatrica, che esclude l’accesso ai pazienti over 15, e quello dell’oncologia medica dell’adulto, dove è poco diffusa l’esperienza per curare la patologia specifica di questa fascia di età. È indispensabile migliorare la collaborazione tra le due realtà perché tutti gli adolescenti possano accedere alle cure migliori e creare centri dedicati a questi giovani malati. L’appello, contenuto nel VI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, arriva dalla FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) nella IX Giornata nazionale del malato oncologico, che dedica al tema un dibattito all’Auditorium della Conciliazione a Roma. “La quasi totalità dei pazienti under 15 è trattata in strutture di oncologia pediatrica, invece per quelli fra 15 e 19 anni assistiamo a un vuoto, mancano anche linee guida specifiche – spiega Francesco De Lorenzo, presidente FAVO -. Le persone con diagnosi di tumore in età adolescenziale rappresentano un sottogruppo particolare, che deve affrontare problemi di accesso ai trattamenti di eccellenza e di arruolamento nei protocolli clinici. Una situazione opposta rispetto all’ottimizzazione dei percorsi di cura da tempo in atto nell’oncologia pediatrica. Inoltre in questi pazienti è essenziale continuare a studiare non solo l’esito a lungo termine della malattia, ma anche i possibili effetti tossici dei farmaci antitumorali quali il rischio di sterilità, la maggiore possibilità di insorgenza di seconde neoplasie, di insufficienza d’organo (ad es. renale, epatica, cardiaca), fattori che hanno un impatto molto più importante rispetto a quanto si registra in persone di età più avanzata”. Nel 2013 nel nostro Paese si sono stimati 366.000 nuovi casi di cancro: circa 1400 (meno dell’1% del totale) nei bambini sotto i 14 anni, 800 negli adolescenti (15-19 anni). In quest’ultima fascia d’età i tre tipi più frequenti sono i linfomi (32%), i tumori epiteliali (24%, in particolare della tiroide e melanomi) e le leucemie (11%). “L’obiettivo principale – conclude il prof. Stefano Cascinu, presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – è garantire a tutti i pazienti adolescenti trattamenti adeguati, con programmi specifici. Va riconosciuta la complessità della gestione della malattia in questa fascia d’età. È possibile adottare diversi modelli organizzativi e curarli in centri dedicati all’interno delle strutture pediatriche oppure in quelle dell’adulto, che devono necessariamente essere sempre coinvolte nei progetti che riguardano i giovani. In questi centri è indispensabile inoltre il coinvolgimento di diverse figure professionali: medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, gruppi di genitori e parenti e quelli dei guariti e dei pari. Questi centri dovranno inoltre porre l’attenzione agli aspetti legati all’istruzione, alla preservazione della fertilità, all’inserimento o al reinserimento lavorativo e, in generale, al mutato rapporto con i coetanei. Alcuni Istituti oncologici hanno attivato programmi specifici per gli adolescenti e i giovani adulti, ma finora sono pochi. È quindi necessario stimolare la creazione di progetti su tutto il territorio nazionale”.