Il risultato sorprese tutti, in primis quello dell’affluenza al voto. Erano anni infatti (dal 1995) che in Italia un referendum non raggiungeva il quorum del 50% previsto dalla legge. Stavolta invece andò a votare quasi il 55% degli aventi diritto (dato che sale al 57% se non si contano gli italiani all’estero).
Sorprese anche il fatto che i promotori del referendum erano, a parte quello relativo al legittimo impedimento, movimenti e comitati al di fuori della rete dei partiti politici tradizionali. Del resto già la raccolta firme per la convocazione del referendum aveva sorpreso tutti: il Forum dei Movimenti per l’Acqua, i cui banchetti di raccolta firme durarono tre mesi, ne riuscì a raccogliere quasi 1 milione e mezzo.
Grande soddisfazione per il Forum dei Movimenti per l’Acqua, che festeggiarono la sera del 12 giugno con una manifestazione nel centro di Roma. In sostanza oltre il 95% dei votanti disse no alla possibilità di privatizzazione totale o parziale delle società che gestiscono la rete di distribuzione idrica, e di remunerazione da parte dei privati del capitale investito, attraverso un’imposta aggiunta sulle bollette dell’acqua.
In sostanza vinsero quanti ritenevano che lasciare in mano a società private la gestione della rete idrica fosse sbagliato ed ingiusto, perché l’acqua deve restare un bene comune accessibile a tutti, e che fosse da eliminare ogni forma di profitto effettuata sull’acqua.
I contrari a questo referendum, promotori del NO, ampiamente sconfitti, affermarono invece che con questa vittoria si bloccava il processo di ammodernamento della rete idrica italiana, fortemente malandata (con perdite altissime specialmente negli acquedotti del sud), perché in sostanza gli enti pubblici non avrebbero mai avuto abbastanza soldi da investire nella loro manutenzione e dopo la vittoria del “si” i privati sarebbero stati tenuti alla larga dalla gestione della rete idrica.
I promotori del referendum sull’acqua avevano in realtà depositato nel 2007 una legge di iniziativa popolare nella quale veniva delineata una gestione diversa della risorsa acqua, al di fuori delle logiche ancora oggi esistenti, ma quella legge nononostante le centinaia di migliaia di firme raccolte è rimasta nei cassetti del Parlamento senza essere approvata.