Anche la ‘vergine’ foresta dell’Amazzonia risulta danneggiata dall’inquinamento prodotto dalle attivita’ di ricerca e estrazione di petrolio e gas. A dimostrarlo e’ uno studio, realizzato da un gruppo di ricerca guidato dall’Universita’ Autonoma di Barcellona e presentato in occasione della conferenza Goldschmidt in California, basato su analisi di dati raccolti dal 1983 al 2013 nella regione occidentale della foresta. Le foreste pluviali sono dei naturali ‘contenitori’ di idrocarburi e per questo sin dagli anni ’20 hanno attirato l’interesse di molte aziende interessate allo sfruttamento dei sottosuoli. Dopo aver raggiunto un picco negli anni ’70, le attivita’ di estrazione erano calate per poi riprendere con maggior vigore negli ultimissimi anni. Analizzando campioni di acqua provenienti da 10 diversi affluenti del fiume Amazzonia i ricercatori sono riusciti per la prima volta a fare un quadro dei livelli di inquinamento provocati da queste attivita’ degli ultimi 30 anni. Le analisi hanno rilevato la presenza piombo oltre i limiti di legge nel 68% dei campioni e di cadmio nel 20%. “I risultati – ha spiegato Antoni Rosell-Mele, responsabile del lavoro – dimostrano che la contaminazione e’ diffusa in queste zone. L’aumento dei livelli di inquinanti non e’ solo causato da fuoriuscite di petrolio, ma anche dalle attivita’ di perforazioni e estrazione. Questi processi non sono mai stati effettivamente monitorati in queste aree fino ad ora”. L’inquinamento da cadmio, mercurio e piombo rappresenta un grave pericolo, sottolineano i ricercatori, non solo per le specie che vivono nella foresta ma anche per l’uomo in quanto queste sostanze possono risalire lunga la catena alimentare fino a colpire l’uomo.