Il nome dato alla tartaruga liberata ieri dal Wwf in collaborazione con il Comune di Venezia è Alcione II: è stata recuperata da pescatori a Chioggia lo scorso 28 maggio e poi posta sotto le cure di Fondazione Cetacea in collaborazione con Luciano Tarricone; l’animale è stato tenuto sotto osservazione a seguito della ferita superficiale sul carapace. La liberazione, si legge sul sito dell’organizzazione ambientalista, “è avvenuta nel primo giorno d’estate e vuole festeggiare la giornata delle tartarughe, il Turtle Day che si svolge ogni anno a livello mondiale il 16 giugno ed è avvenuta non a caso nell’Adriatico, zona fondamentale di alimentazione per un gran numero di tartarughe marine Caretta caretta e dove vive la popolazione più numerosa di tutto il Mediterraneo di delfini, i Tursiopi”. “Le tartarughe marine nel Mediterraneo sono vittime di molte minacce più o meno note, come la recentissima moria di almeno 150 individui nelle acque pugliesi negli ultimi due mesi e gli oltre 300 dello scorso anno nel solo alto Adriatico sulle cui cause il dipartimento di veterinaria dell’Università di Padova sta svolgendo indagini scientifiche per identificarne le cause certe. Ma ogni anno si stima che 20.000 tartarughe muoiono lontano dai riflettori, nei soli mari italiani, a causa di una errata gestione da parte dei pescatori che le catturano accidentalmente nelle reti e non sempre riescono a rilasciarle nei modi e nei tempi corretti”, dice Marco Costantini, responsabile mare Wwf Italia. Per il questo motivo il Wwf ”lavora da tempo in stretta collaborazione con i pescatori italiani e dell’altra sponda dell’Adriatico per dare a loro tutti gli strumenti di conoscenza utili per salvare migliaia di animali protetti”. La liberazione ”è avvenuta al Lido di Venezia davanti a moltissimi bambini e famiglie, preceduta da attività ludico didattiche e dalla visione di una mostra sulle tartarughe marine dell’alto Adriatico in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Venezia e si è potuta realizzare grazie alla collaborazione della Capitaneria di Porto di Venezia e del Corpo Forestale dello Stato. L’evento -prosegue il sito dell’associazione- avviene non a caso sull’Adriatico, dove Wwf collabora ed è partner del progetto Netcet la rete pan-adriatica a protezione di cetacei e tartarughe marine nata nel 2012 (http://www.netcet.eu/italian)”. Netcet ”e’ un progetto internazionale finanziato dalla Ue (programma Ipa Adriatico), coordinato dal Comune di Venezia, a cui partecipano 13 partner Ong, tra cui il Wwf stesso, istituti di ricerca, Comuni, nei 5 paesi rivieraschi adriatici (Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Albania), con lo scopo di attuare una vasta gamma di misure per proteggere le cospicue popolazioni di cetacei e tartarughe che ospita l’Adriatico”. Il progetto Netcet, ”tra le altre cose, sta creando una rete permanente di collaborazione tra i vari soggetti che si occupano di conservazione di queste specie in modo da operare in modo più coordinato nel futuro, proporrà piani di azione nazionali integrati, ha attivato una rete di monitoraggio degli spiaggiamenti di tartarughe e cetacei lungo le coste adriatiche (con centinaia di casi già documentati) che vengono registrati in appositi database online, sta informando i pescatori dell’Adriatico che utilizzano palangrese e rete a strascico riguardo le semplici procedure da attuare a bordo per ridurre drasticamente la mortalità delle tartarughe accidentalmente catturate, sta informando i proprietari di barche da diporto su come ridurre i casi di collisione e disturbo nei confronti di tartarughe e cetacei, sta studiando tramite telemetria satellitare e perlustrazioni aeree vari aspetti della distribuzione e biologia legati alla conservazione di questi animali”. Netcet vuole infine ”informare gli abitanti dell’Adriatico sulla presenza e i problemi di questi animali e della comune ricchezza che essi rappresentano per l’Adriatico, anche tramite lezioni nelle scuole e eventi pubblici come il Turtle Day”. Nell’ambito del progetto NetCet sono previste liberazioni di tartarughe marine anche in Croazia e Albania. Il Wwf ha in cantiere altre iniziative che si svolgeranno nel corso dei mesi estivi e che ”punteranno sulla difesa delle coste adriatiche, sulle specie simbolo”. Nell’ambito di NetCet il Wwf coordina il progetto di formazione dei pescatori, ”italiani e degli altri stati adriatici, per la corretta gestione delle tartarughe marine e tra gli strumenti realizzati spiccano alcune vignette che sono diffuse sottoforma di adesivi e magliette per i pescatori che illustrano le varie fasi della corretta gestione degli animali intrappolati nelle reti”. La tartaruga marina ”è tra i tesori più preziosi del nostro mare. Delle 7 specie di tartarughe marine che vivono nei mari di tutto il mondo, la Caretta caretta, la tartaruga verde (Chelonia mydas) e la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) frequentano anche il Mediterraneo, che ogni anno ospita almeno 7.200 nidi di Caretta caretta”. Appena nate, le piccole tartarughe ”scavano assieme la sabbia verso la superficie, poi corrono freneticamente verso il mare, dove nuotano ininterrottamente anche per tre giorni, in modo da raggiungere al più presto il mare aperto. Gran parte dei piccoli -rileva il Wwf- finiscono vittime di predatori presenti in gran numero sia sulla spiaggia che nelle acque vicino la costa”. Pur essendo perfettamente adattati alla vita marina, questi animali sono ancora legati alla terraferma ”per una sola ma fondamentale fase della loro vita: la riproduzione. Nella maggior parte delle specie le femmine depongono di notte, in modo da evitare le alte temperature del giorno che potrebbero risultare fatali. Lo sforzo richiesto per la riproduzione è notevole e può durare anche diverse ore. In una buca preparata con cura nella sabbia la femmina depone un centinaio di uova che, se tutto va bene, si schiudono circa due mesi più tardi”. Dopo alcuni anni trascorsi in mare aperto, i giovani della maggior parte delle specie si avvicinano alle coste e iniziano a frequentare i fondali bassi: sono ormai abbastanza grandi da non dover più temere quei predatori ai quali sono scampate da piccoli. Raggiunta la maturità sessuale, stimata tra i 15 e i 30 anni di età, le tartarughe compiono periodicamente spostamenti anche di migliaia di chilometri per raggiungere i luoghi di riproduzione che, perlomeno in alcune specie, sono gli stessi dove sono nate. Ciò non avviene necessariamente ogni anno e può variare a seconda della specie e del sesso; di solito la femmina si riproduce ogni 2-3 anni, con 2-4 deposizioni per volta. ”Molti aspetti della biologia delle tartarughe sono ancora poco chiari, principalmente a causa delle difficoltà di studiare animali che vivono in mare. Ciò -aggiunge il Wwf- rende più difficile valutare appieno i loro problemi e trovare le opportune soluzioni per risolverli. Tutte le specie di tartarughe marine sono considerate in pericolo di estinzione: dopo decine di milioni di anni gli oceani rischiano di perdere per sempre alcuni dei loro ospiti più affascinanti”. Sulle spiagge italiane si contano circa 30-40 nidi di Caretta caretta ogni anno, concentrati in Calabria e Sicilia. ”Ma oggi -viene rilevato- tutte e sette le specie sono considerate a rischio estinzione e la causa principale è l’impatto con le attività umane, a partire dalla pesca accidentale. In tutto il Mediterraneo si stima che ogni anno più di 130.000 tartarughe vengano catturate accidentalmente negli attrezzi da pesca, di cui oltre 40.000 non sopravvivono. Mentre in Italia la pesca accidentale colpisce più di 20.000 esemplari all’anno. A queste vanno aggiunte le migliaia di tartarughe che ingoiano sacchetti di plastica scambiandoli per meduse, che vengono colpite dalle imbarcazioni mentre galleggiano per scaldarsi al sole, i piccoli appena nati che finiscono sulle strade disorientati dalle luci artificiali di coste sempre più urbanizzate, i nidi distrutti dai mezzi meccanici utilizzati per la pulizia delle spiagge e da un’attività turistica incontrollata”.