Circa 2 milioni e 600mila persone colpite in Bosnia Erzegovina e Serbia, 500.000 persone colpite gravemente, 60 vite stroncate dalla furia delle acque, oltre 75mila sfollati, costretti a scappare dalla proprie case. Sono questi i numeri che, a poco meno di un mese dalle gravissime inondazioni che hanno colpito lo scorso 14 maggio Bosnia Erzegovina e Serbia, tracciano il bilancio dell’emergenza umanitaria in corso. Numeri che raccontano una delle peggiori catastrofi naturali che abbiano mai colpito quest’area nel cuore dell’Europa. A diffondere i dati è Oxfam, già presente nell’area e intervenuta all’indomani del disastro nelle zone più colpite di Šamac, Odžak, Domaljevac, Žep?e, Zavidovi?i, Bijeljina, Modri?a, Doboj, Vukosavlje e Maglaj nel centro e nord della Bosnia Erzegovina, sia per portare prima assistenza alla popolazione, sia con un’azione di valutazione e monitoraggio della situazione in corso. Nel complesso Oxfam ha già portato assistenza ad oltre 4.600 persone, fornendo acqua, materiali per il trattamento e la potabilizzazione, cibo e kit igienico sanitari a circa 900 famiglie, e sacchi di sementi di mais ai piccoli agricoltori colpiti dalle più abbondanti precipitazioni degli ultimi 120 anni nell’area, in un contesto che regge la propria economia in prevalenza su microimprese agricole o di allevamento di bestiame. Migliaia di sfollati ospitati per lo più da parenti e amici, non possono tornare alle proprie case o perché completamente distrutte o perché pericolanti e gravemente danneggiate. Così mentre la fornitura di energia elettrica è stata ristabilita in diverse zone, molti villaggi restano ancora isolati, e nell’ultimo periodo si sono verificate oltre 4.200 frane. Inoltre a mettere ancor più a rischio l’incolumità della popolazione è la presenza di ordigni e mine inesplose nelle zone alluvionate: nelle ultime settimane solo in Bosnia ne sono stati segnalati circa 1.000. Nell’immediato le priorità restano la fornitura di acqua potabile, oltre naturalmente al drenaggio e alla bonifica dei villaggi, dei terreni agricoli e dei pascoli, contaminati dalle inondazioni così come lo smaltimento dei rifiuti e del bestiame rimasto ucciso (stimati 50.000 capi di bestiame solo in Bosnia Erzegovina). Necessario, sottolinea l’Oxfam, il supporto alla riabilitazione agricola e di allevamento e con l’arrivo del caldo estivo, la prevenzione nella diffusione di epidemie e il mantenimento di buone condizioni igieniche generali. Tutti elementi su cui Oxfam è al lavoro in coordinamento con il team di risposta delle Nazioni unite in Bosnia Ezegovina e le altre agenzie, Ong e donatori presenti nel Paese. ”La valutazione complessiva dei danni e della reale portata delle conseguenze per il tessuto produttivo, economico e infrastrutturale nelle aree colpite è tutt’ora in corso – dichiara Silvana Grispino, direttrice di Oxfam in Bosnia Erzegovina – Ci vorranno anni perché si torni ad una situazione normale”. Il maggiore rischio, sottolinea Grispino, “è che una volta concluso l’intervento di prima emergenza, gran parte della popolazione ritornando alle proprie case si trovi senza alcun mezzo di sussistenza, determinando un aumento esponenziale della popolazione costretta a vivere sotto la soglia di povertà, in un contesto che vedeva già il 20% dei cittadini in questa condizione”. Per il 90% delle persone che nelle zone alluvionate reggeva il proprio reddito su attività di micro imprenditorialità, adesso restano solo debiti da pagare. Per questo motivo nel medio e lungo periodo Oxfam lavorerà al fianco delle famiglie più vulnerabili, per ridar loro una vita, un lavoro e un reddito dignitoso.