Secondo uno studio molto recente, effettuato da un gruppo di climatologi statunitensi ed europei (e non solo) il riscaldamento globale, meglio noto al mondo scientifico internazionale con il famoso acronimo di “Global Warming”, in realtà si è intensificato a partire dal 1998, considerata data fatidica, come l’apice di questo trend termico positivo che ha interessato l’intero pianeta. In risposta a tale studio però nascono dei punti interrogativi come; perché proprio il 1998 ? Ve lo siete mai chiesti ?. Come ben insegna la storia del clima, fin dalla notte dei tempi, le temperature sulla superficie terrestre hanno subito dei periodici cambiamenti a livello globale, con ciclici raffreddamenti a cui fanno seguito dei periodi, anche prolungati per svariati secoli, decisamente più caldi.
Tali mutamenti sono da addebitare a tanti fattori, fra cui i relativi fenomeni atmosferici, come la “Niña” o “El Niño” e il ciclo di 11 anni delle macchie solari (abbiamo elencato solo quelli decisamente più significativi, ma su questo bisognerebbe scrivere un articolo a parte). Non è un caso se il 1998 è stato utilizzato come anno di riferimento per misurare le tendenze della temperatura media globale. Difatti, se ben ricordiamo, nel 1998, lungo il Pacifico equatoriale, si è scatenato il più potente episodio di “El Niño” che si ricordi a memoria d’uomo. Proprio in quella terribile annata una vastissima area del Pacifico centro-orientale subì un anomalo riscaldamento, con clamorose anomalie termiche positive delle acque superficiali oceaniche, fino ad allora mai registrate. Questo impressionante riscaldamento delle acque superficiali dell’oceano Pacifico (il più vasto e il più influente sulla circolazione generale) ha contribuito a far aumentare, in modo anche brusco, la temperatura media globale, a livelli mai registrati prima, da quando esistono le rilevazioni. Le acque oceaniche caldissime, con valori di oltre i +30°C su una larga fetta del Pacifico equatoriale ed orientale, hanno trasferito all’atmosfera sovrastante enormi quantità di calore latente che hanno determinato un importante rialzo delle temperature globali, soprattutto lungo l’area tropicale, ma con ripercussioni patite sull’area artica.
In realtà, dopo l’incredibile annata del 1998 (annata spartiacque), sia nel 2005 che cinque anni dopo, nel 2010, le temperature medie globali hanno subito un ulteriore rialzo, a seguito delle incredibili ondate di calore che avevano colpito l’Asia, il Medio-Oriente e l’Europa, arrivando a superare il dato del 1998, seppur di poco. Ma dal 2005 al 2012 la tendenza dell’andamento termico globale, nonostante delle brevi impennate nei periodi estivi, ha fatto segnare una lieve diminuzione. Tale flessione, ancora poco considerevole ad essere onesti, può essere imputata ai vari episodi di “La Niña” che si sono prodotti sul bacino del Pacifico, che hanno comportato un conseguente raffreddamento delle acque superficiali oceaniche. “La Niña”, soprattutto nel periodo compreso fra il 2005 ed il 2012, persistendo per un periodo abbastanza lungo, ha contribuito a far abbassare, o meglio ad ammorbidire l’impennata termica che ha preso un grande slancio dopo il furioso “El Niño” del 1998. Si tratta di considerazioni che devono aiutarci a riflettere e a lasciar perdere le sterili polemiche sollevate da finti climatologi, pronti a scrivere di tutto pur di avere quel minuto di notorietà fra forum, siti internet e TV.
Del resto ormai è assodato che ciclicamente, ogni 10-15 anni, la temperatura media globale può subire dei cambiamenti significativi, derivati sia dall’attività solare, dal susseguirsi delle fasi di “El Niño” e “La Niña” e in minima parte persino dalle ceneri sprigionate nell’atmosfera terrestre dalle intense eruzioni vulcaniche. Proprio su questo ultimo punto vogliamo mettere in evidenza un recentissimo studio, pubblicato proprio l’anno scorso dal Geophysical Research Letters. In questo studio è stato messo in evidenza che negli ultimi anni la concentrazione delle polveri nella stratosfera è aumentata del 4 – 10% a partire dal 2000.
Questo significativo aumento sarebbe stato generato dalle intense eruzioni vulcaniche che negli ultimi 10 anni si sono registrate sulla Terra, fra Africa, Asia e sud-America. Le polveri, la cenere e il materiale vulcanico espulso nella troposfera da queste eruzioni avrebbe ridotto del 25% la tendenza al riscaldamento preventivata dalle previsioni del “Global Warming“. Previsioni che comunque rimangono inalterate. In realtà il quadro è molto più complesso se si tengono in considerazione i dati satellitari e quelli terrestri, iniziati nel lontano 1979. In effetti, prendendo in considerazione i dati sulle temperature medie globali, si nota come il riscaldamento sia stato, in media, del +0,14 – +0,17°C per decade. Un trend che è continuato ad avanzare con grande costanza, con un picco assoluto verificatosi negli anni a cavallo fra il 2009 e il 2010. Proprio da qui emergono tutte le contraddizioni sull’eventuale arresto dell’aumento del riscaldamento globale.
Secondo alcuni climatologi, con particolare riferimento all’interessante articolo di Grant Foster e Stefan Rahmstorf, “evoluzione della temperatura globale 1979-2010“, le influenze delle variazioni naturali, come l’attività solare, il “Niño” e “La Niña” e le ceneri sprigionate dalle eruzioni vulcaniche, nel complesso, non avrebbero modificato l’andamento osservato delle temperature globali, rimasto pressoché immutato, attorno ad una media che varia in un range compreso tra +0,14°C – +0,17°C per decade. Tale andamento delle temperature medie globali, nel breve/medio periodo è destinato a subire un ulteriore accelerata con lo sviluppo del futuro “El Nino” 2014, che spalancherebbe le porte ad un significativo aumento delle temperature medie globali entro il 2015. Ma anche in questo caso la sua influenza dovrebbe rimanere sempre marginale, e non determinante, sul trend delle temperature medie globali.