Sono giorni di maltempo sulla Lombardia. In particolar modo nella giornata di mercoledì 25 giugno fenomeni temporaleschi particolarmente violenti hanno creato difficoltà in alcune aree. A Milano a causa di una vera e propria bomba d’acqua è andata in tilt la rete di assorbimento delle acque piovane e ci sono stati allagamenti in molte strade, come raccontato su Meteoweb. Il fiume Seveso, esempio modello di come l’intervento umano possa aumentare enormemente il rischio idrogeologico (si tratta di un fiume completamente modificato dall’intervento antropico e che scorre in galleria nel sottosuolo di Milano) è esondato per l’ennesima volta negli ultimi anni creando disagi nel quartiere Niguarda. Danni per allagamenti ci sono stati anche in Brianza e in tutta l’area nord occidentale del milanese (a Rho un temporale violentissimo ha causato l’allagamento di garage, scantinati e di un sottopassaggio).
Di fronte a questi eventi meteorologici particolarmente violenti (accumuli pluviometrici talvolta superiori a 50 mm in poche decine di minuti) il territorio della Lombardia, fortemente antropizzato, mostra tutta la sua vulnerabilità. Il rischio idrogeologico, che in pianura si manifesta soprattutto nel rischio idraulico (allagamenti ed inondazioni), nelle aree urbanizzate della Lombardia è ormai un fenomeno che interessa centinaia di migliaia di persone.
Pochi mesi fa è stato presentato da ANCE Lombardia, Legambiente Lombardia, Consulta Regionale degli Architetti e Ordine dei Geologi della Lombardia, il ‘focus Lombardia’ del rapporto sullo stato del Rischio del territorio italiano, curato da ANCE-CRESME Ricerche. Il rapporto mostra un quadro allarmante: nella regione ci sono ben 580.000 persone, ovvero quasi il 6% dell’intera popolazione regionale, esposte a rischio per il solo fatto di risiedere in aree a forte criticità idrogeologica: in tali aree risultano infatti localizzati ben 99.000 edifici residenziali, di cui un sesto nella sola provincia di Pavia.
In queste aree, secondo il rapporto, non si trovano solo residenze, ma anche attività produttive, scuole e ospedali: complessivamente sono oltre 50.000 gli insediamenti esposti, che occupano quasi 200.000 addetti. Particolarmente allarmante è il dato relativo a scuole, ospedali e imprese: ben 623 scuole, 50 ospedali e oltre 5000 industrie sono localizzati in aree ad elevato rischio.
Un termometro della persistente assenza di cultura della prevenzione è il dato di aumento di popolazione a rischio: nelle aree ad elevato rischio della Lombardia la popolazione esposta è aumentata del 9% dal 2001, e il numero di abitazioni è cresciuto del 15,2%, dati ben superiori anche alle medie nazionali.
Per ridurre questo crescente rischio idrogeologico bisognerebbe gestire il territorio in maniera coordinata ed intelligente, con una assidua azione di manutenzione che eviti l’innesto di nuove fenomenologie di dissesto, e allo stesso tempo prevenendo nuovi insediamenti in aree già riconosciute come soggette ad alluvioni e frane, se necessario anche programmando la delocalizzazione degli insediamenti più a rischio.Servono però fondi, che cronicamente mancano quando si parla di dissesto idrogeologico. Propio per fare pressione sul Governo ed ottenere lo stanziamento di fondi per la messa in sicurezza del territorio, è iniziata pochi giorni fa una raccolta firme, promossa dai soggetti che hanno creato il progetto #DissestoItalia (a questo link maggiori informazioni).