Domattina, prima dell’alba, l’orizzonte orientale ci regalerà un’apparizione suggestiva. Il sorgere del Sole sarà preceduto dalla presenza del pianeta Venere, delle Pleiadi e da una sottile falce di Luna calante nella costellazione del Toro. L’ammasso stellare delle Pleiadi, chiamate anche le sette sorelle, è un gruppo di 800 stelle formatosi circa 100 milioni di anni fa, che si trova a 440 anni luce dalla Terra. Si tratta di un gruppo di stelle in formazione, che a differenza di altri ammassi aperti prospettici risultano legate gravitazionalmente tra loro ed hanno un’origine comune. Una delle stelle più luminose dell’ammasso si chiama Atlas. Questa stella, insieme alla sua compagna Pleione, è una delle componenti del carro immaginario che in genere può essere osservato anche ad occhio nudo da cieli urbani. Gli scienziati stimano che queste stelle sopravviveranno per più di 200 milioni di anni prima di morire.
La leggenda greca racconta che le sorelle, inseguite da Orione, chiesero aiuto a Zeus. Il signore degli Dei, pertanto, le trasformò in colombe e le collocò nel cielo. In un racconto dei popoli nativi d’America, invece, le Pleiadi rappresentano sette ragazze che, durante una passeggiata nel cielo, smarrirono la strada per tornare sulla Terra. Le sette sorelle quindi sarebbero difficili da scorgere perché le loro lacrime ne attenuerebbero la luce. Omero le citava, come pure Tolomeo ed altri autori dell’età classica, nelle loro opere. Leggende e credenze a parte, le Pleiadi sono visibili in una notte mediamente scura anche senza l’ausilio di alcuno strumento. Osservando con un piccolo telescopio è possibile distinguere anche 500 stelle distanti 440 anni luce da noi, ma vista l’estensione nel firmamento, lo spettacolo migliore è fornito da un binocolo a grande campo o da un oculare che fornisca ingrandimenti molto bassi. Sono facilmente distinguibili come un piccolo carro.
VENERE – Un tempo chiamata Espero, come stella del mattino, e Fosforus, come stella della sera, oggi Venere porta il nome dell’antica dea romana della bellezza e dell’amore. Un nome non esattamente appropriato quello del pianeta, dal momento che le condizioni sono davvero simili a quello che noi immaginiamo come l’inferno. Venere, il secondo oggetto del Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole (0,72 UA), ed è il pianeta che più si avvicina alle dimensioni della Terra, differendo di soli 500 Km circa. La sua rotazione è retrograda, ossia il pianeta gira su se stesso in senso opposto a quello terrestre; considerando il periodo di rotazione estremamente lento, stimabile in 243 giorni terrestri, notiamo come il giorno duri più dell’anno venusiano (225 giorni). Il pianeta è perennemente avvolto da una fitta coltre di nubi che impedisce qualsiasi osservazione della sua superficie. La densa atmosfera di questo mondo ostile è composta per il 96% da anidride carbonica, ed esercita una tremenda pressione di 90 atmosfere. Lo strato principale di nubi, costituite principalmente da goccioline di acido solforico, copre le quote comprese tra i 45 e i 60 Km. Un determinato spessore di nubi venusiane assorbe meno luce dello stesso spessore di nubi terrestri, ma lo strato di nuvole sul pianeta è così denso che solo un 2% della luce solare raggiunge la superficie del pianeta. Su Venere l’effetto serra è tale che sulla superficie e nei livelli inferiori dell’atmosfera non si riscontrano differenze significative di temperatura tra l’equatore ed i poli e tra il giorno e la notte. La temperatura superficiale si aggira intorno ai 480°C, la visibilità di circa 3 Km e l’illuminazione dell’ambiente è all’incirca quella che c’è sulla Terra in una giornata di cielo coperto. Continui rombi di tuono con fulminazioni sono presenti sul pianeta, mentre i venti sono deboli solo al suolo, ma nella cappa di nubi accelerano bruscamente fino a 400 Km/h. Le nubi più alte fanno il giro del pianeta in circa 4 giorni (60 volte più veloce della stessa rotazione), combinata con il flusso di aria d’alta quota dall’equatore verso i poli, produce delle caratteristiche formazioni di nubi a forma di Y e C, e “collari” polari. Ma come mai è presente questa densissima coltre nuvolosa?
Molti astronomi pensano che in un periodo molto lontano ci fosse acqua sulla superficie di Venere, ma che un aumento di luminosità del Sole abbia innalzato la temperatura al punto da causare l’evaporazione degli oceani, aumentando la quantità di vapore acqueo nell’atmosfera. La temperatura continuò ad aumentare e gli oceani evaporarono completamente. Sino a qualche decennio fa la superficie di Venere è risultata totalmente sconosciuta, vista la densa coltre nuvolosa. Soltanto attraverso le immagini radar è stato possibile tracciare un quadro globale della superficie stessa. La visione del suolo venusiano trasmessa dalla sonda “Venera” ha rivelato un paesaggio desolato, disseminato di frammenti di rocce vulcaniche immerse in una polvere grossolana. Nel 1993 la sonda Magellano ha fornito una documentazione cartografica più completa rivelando la presenza di formazioni simili a continenti e crateri. Dalla Terra è impossibile non riconoscere il pianeta, dal momento che si presenta come “la stella” più luminosa del firmamento. Il suo bianco evidente è visibile al crepuscolo o all’alba, mai distante oltre i 48° dal Sole. Ad un buon binocolo Venere comincia a mostrare le proprie fasi, anche se questo dettaglio è facilmente individuabile già in un piccolo telescopio. Il pianeta infatti, essendo interno rispetto alla nostra Terra, mostra delle fasi simili a quelle lunari. Non è possibile riconoscere dettagli superficiali naturalmente, ma con telescopi più evoluti è possibile distinguere l’ineguaglianza nell’acutezza delle falci e la “luce cinerea o luce di Ashen “. Si tratta della leggera luminosità della parte in ombra. Osservare Venere vuol dire capire come nel nostro universo un semplice puntino luminoso può essere un mondo ostile e inimmaginabile. Le osservazioni possono essere effettuate anche in pieno giorno, conoscendo le esatte coordinate del corpo.