Il solstizio d’estate, in cui il Sole culmina allo Zenith, trovandosi così nel punto più alto della volta celeste, è sicuramente uno dei periodi più amati e profondamente intessuti di leggende, miti, tradizioni e storia. In questo giorno il Sole, simbolo del Fuoco, entra nel segno del Cancro, segno d’acqua, dominato dalla Luna. Così, secondo l’immaginario, Sole e Luna, Fuoco e Acqua, Luce e Ombra, Maschio e Femmina, Positivo e Negativo si fondono in una sorta di “matrimonio divino”, in grado di generare energie positive e benefiche sull’intero pianeta… facile intuire come l’evento suggerisse una serie di pratiche magiche e celebrazioni con cui l’umanità omaggiava il Sole, fonte e simbolo principale della vita e del divino, che si ergeva e si erge tutt’ora in tutto il suo splendore.
Da sempre, questo giorno, considerato critico, di passaggio, è caratterizzato da riti propiziatori ed esorcizzanti che si sono in parte metamorfizzati nel passaggio dal Paganesimo al Cristianesimo. Il termine “solstizio” vuol dire “sole stabile, stazionario”: il Sole arriva al punto più settentrionale del suo percorso in cielo, senza alzarsi ed abbassarsi rispetto all’Equatore celeste. Le feste solstiziali iniziano con le prime civiltà agricole e, tramite il progresso scientifico, l’uomo può sempre più scrutare il cielo, prevedere i principali eventi astronomici e organizzare le sue attività. I Celti, che usarono sicuramente il sito di Stonehenge, complesso megalitico in asse con il sorgere del Sole al solstizio estivo, festeggiavano questo importante giorno con riti in cui il fuoco, simbolo del Sole, era l’elemento fondamentale, accendendo falò sulle colline per scacciare gli spiriti maligni, sacrificando gli animali sulle fiamme e, stando a quanto narrato da Strabone e Cesare, praticando sacrifici umani. Il fuoco, dunque, col suo irresistibile fascino e mistero, mette in fuga le tenebre, le streghe e i demoni vaganti nel cielo; attorno ad esso si danza, canta ed avvengono prodigi nella notte magica: le acque trovano voci e parole cristalline, le fiamme disegnano nell’aria la scia di promesse d’amore e di fortuna. Secondo i teorici e i sostenitori del New Age, le straordinarie ed imponenti formazioni circolari di pietra in posizione eretta, sormontate da una lastra orizzontale, rappresenterebbero un primitivo osservatorio astronomico. Al centro del complesso, si trova Heel Stone, la celebre “Pietra del Tallone”, un asse orientato strategicamente al quale le pietre sarebbero state allineate con cura per sintonizzarsi con i primi raggi del solstizio d’estate. Nello specifico, lo schieramento megalitico era atto a prevedere le eclissi solari e lunari.
Ma il solstizio era festeggiato anche dagli Inca: Cuzco, con le sue Mojones, le torri usate come “mire” per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi, aiutava l’impero Inca a tenere conto di essi e ancora oggi a Cuzco, in occasione del solstizio d’estate, si festeggia Inti Raymi, divinità Sole, mentre i Maya, che dedicavano una particolare attenzione allo studio dei corpi celesti e all’osservazione dei fenomeni astrologici, avevano edificato El Caracol, il monumento che era una sorta di osservatorio celeste, utile ai sacerdoti per monitorare i solstizi, ovvero l’annuncio dell’arrivo di estate e inverno. Per i Greci, il solstizio d’estate era visto come “La porta degli uomini”, mentre quello invernale come “La porta degli Dei”…elementi di comunicazione tra la dimensione spazio-temporale finita dell’uomo e quella aspaziale e atemporale delle divinità. Nell’antica Roma, le feste solstiziali erano dedicate a Giano bifronte, rappresentato con due volti, uno barbuto e l’altro giovanile o femminile, a seconda delle interpretazioni. E’ Giano colui che, ruotando sulla sua terza faccia invisibile, cioè l’asse del mondo, conduce alle due porte solstiziali, quindi è suo il compito di accompagnare il passaggio da uno stato all’altro. Il solstizio d’estate si colloca come confine che separa la crescita dal declino..”Midsummer”, mezza-estate, lo chiamano nei paesi anglosassoni, mentre Shakespeare, nel suo “Sogno di una notte di mezza estate”, ne raffigura l’aspetto magico, dove sogno e realtà si fondono, tra amori e incanti nei boschi abitati da fauni e fate che si divertono a burlarsi dei poveri umani. Il termine “solstizio” deriva dal latino “solstitiu o solstitium”, derivato a sua volta da “sistere”, nel senso di “fermarsi”, poiché, proprio in questo periodo, si ha la sensazione che il Sole si fermi, sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto, sino al 24 giugno, quando ricomincia a muoversi, sorgendo gradualmente più a sud dell’orizzonte (più a nord per quello invernale).
L’inizio astronomico dell’estate è il 21 giugno, mentre il 24 si festeggia la nascita di San Giovanni Battista, fissata, per tradizione, a 6 mesi esatti prima della nascita di Gesù. San Giovanni è l’unico Santo di cui si festeggia la nascita non intesa come morte il 24 giugno, e la morte , il 29 agosto. E’ un privilegio che condivide con la Madonna. La data in questione cade vicino al solstizio d’estate, quando già in epoche precristiane venivano celebrati molti culti. Giano, dio bifronte del principio e della fine, delle porte e dei confini, con l’affermarsi del Cristianesimo, ha ceduto il controllo delle “porte solstiziali”. I guardiani delle due porte sono i due Giovanni: San Giovanni Battista, che governa sul solstizio d’estate, San Giovanni Evangelista, che presiede al solstizio invernale. Infatti, la festa di san Giovanni Battista, detto anche san Giovanni d’estate, ricorre il 24 giugno e quella di san Giovanni Evangelista, detto anche san Giovanni d’inverno, il 27 dicembre, esattamente le stesse date in cui i Collegia Fabrorum festeggiavano Giano. Nel Cristianesimo sono, quindi, le feste di san Giovanni Battista e san Giovanni Evangelista ad essere in rapporto con i due solstizi.
La somiglianza fonetica fra Janus (Giano) e Joannes (Giovanni) è evidente e porterebbe a ritenere che la collocazione delle feste dei santi Giovanni in prossimità dei due solstizi non sia stata casuale, ma servisse a “riscrivere” il culto arcaico in termini cristiani poiché era davvero arduo sradicare un costume così tanto sentito e diffuso tra la gente, che viveva i solstizi in maniera coinvolgente, ritenendoli momenti di transizione, nei quali era possibile trasformare e sviluppare la rispettiva condizione interiore… una sorta di “transitio” verso presupposti migliori. Siamo giunti ad uno dei più importanti giorni dell’anno che tra Paganesimo e Cristianesimo, mito e scienza, è un appuntamento imperdibile, emblema della trasversalità delle molteplici tradizioni popolari che basavano i propri riti sulla semplice osservazione dei corpi celesti; fenomeni visibili in tutte le zone del mondo, da tutte le culture.