Storica vittoria del movimento Patagonia Senza Dighe in Cile: il Consiglio dei Ministri ha bocciato infatti il megaprogetto HysroAysén che prevedeva la costruzione di 5 dighe ed una serie di centrali idroelettriche nel sud del paese, nel territorio di alto interesse naturale di Aysén, oltre ad un enorme elettrodotto lungo centinaia di chilometri.
“Questo Comitato di Ministri ha deciso di accogliere i ricorsi presentati dalla comunità e dalla cittadinanza” – afferma il comunicato del Governo – ed in questo atto amministrativo dichiara rifiutato il progetto”.
Una notizia salutata con enorme allegria dalle tante persone che in diverse città cilene si erano riunite oggi pomeriggio per manifestare, come già nei mesi e negli anni passati, il loro “no” alle dighe in Patagonia. Il movimento era riuscito a creare un vasto fronte di protesta, portando decine di migliaia di persone in piazza, cosa che non succedeva dai tempi del dopo Pinochet. Ha ricevuto forte appoggio anche da parte di movimenti e ONG internazionali, anche italiane (che facevano pressione su ENEL, uno dei principali azionisti di HydroAysén), e si era riunito sotto il gruppo Patagonia Sin Represas (Patagonia senza dighe). Il sito internet del movimento non a caso è tradotto in italiano, oltre che in spagnolo ed inglese.
Il progetto oggi bocciato è faraonico: prevede la costruzione di cinque dighe con il relativo sbarramento dei fiumi Baker e Pascua, i corsi d’acqua più grandi del paese. Lo sbarramento porterebbe all’inondazione di 5900 ettari di terra con danni enormi a una regione dove sono presenti numerosi parchi nazionali con alto livello di biodiversità ed ecosistemi quasi incontaminati.
Oltre alla creazione del mega-impianto, che permetterebbe di generare un totale di energia pari al 20% di quella attualmente generata nel paese, il progetto prevede anche la costruzione di un mega elettrodotto lungo 2500 chilometri che trasporterà l’energia al Nord. L’elettrodotto, costituito da torri alte più di 60 metri, passerebbe attraverso innumerevoli parchi nazionali e riserve naturali. Un’ opera insomma che inevitabilmente porterebbe gravi danni ambientali.
La commissione che doveva valutare l’entità degli impatti ambientali del faraonico progetto, ha riconosciuto l’importanza degli stessi, dando in sostanza ragione all’enorme movimento ecologista che da anni senza interruzione manifestava la sua contrarietà alla costruzione di dighe nella Patagonia, con manifestazioni molto dure e partecipate.
A questo punto se l’impresa (controllata da Endesa e Colbun) vorrà continuare sulla sua strada tentando il tutto per tutto per la realizzazione del mega progetto, dovrà appellarsi a Tribunale Ambientale cileno, il quale è competente nella risoluzione di controversie ambientali.
Si tratta però della seconda volta che il progetto viene bloccato e la possibilità che la Patagonia resti senza dighe inizia a diventare davvero una possibilità reale. Una gran notizia per i cileni che si sono battuti in questi anni con grande impegno, ed anche per la comunità internazionale riunita sotto lo slogan: Patagonia Sin Represas.