“Questo Comitato di Ministri ha deciso di accogliere i ricorsi presentati dalla comunità e dalla cittadinanza” – afferma il comunicato del Governo – ed in questo atto amministrativo dichiara rifiutato il progetto”.
Una notizia salutata con enorme allegria dalle tante persone che in diverse città cilene si erano riunite oggi pomeriggio per manifestare, come già nei mesi e negli anni passati, il loro “no” alle dighe in Patagonia. Il movimento era riuscito a creare un vasto fronte di protesta, portando decine di migliaia di persone in piazza, cosa che non succedeva dai tempi del dopo Pinochet. Ha ricevuto forte appoggio anche da parte di movimenti e ONG internazionali, anche italiane (che facevano pressione su ENEL, uno dei principali azionisti di HydroAysén), e si era riunito sotto il gruppo Patagonia Sin Represas (Patagonia senza dighe). Il sito internet del movimento non a caso è tradotto in italiano, oltre che in spagnolo ed inglese.
Oltre alla creazione del mega-impianto, che permetterebbe di generare un totale di energia pari al 20% di quella attualmente generata nel paese, il progetto prevede anche la costruzione di un mega elettrodotto lungo 2500 chilometri che trasporterà l’energia al Nord. L’elettrodotto, costituito da torri alte più di 60 metri, passerebbe attraverso innumerevoli parchi nazionali e riserve naturali. Un’ opera insomma che inevitabilmente porterebbe gravi danni ambientali.
A questo punto se l’impresa (controllata da Endesa e Colbun) vorrà continuare sulla sua strada tentando il tutto per tutto per la realizzazione del mega progetto, dovrà appellarsi a Tribunale Ambientale cileno, il quale è competente nella risoluzione di controversie ambientali.
Si tratta però della seconda volta che il progetto viene bloccato e la possibilità che la Patagonia resti senza dighe inizia a diventare davvero una possibilità reale. Una gran notizia per i cileni che si sono battuti in questi anni con grande impegno, ed anche per la comunità internazionale riunita sotto lo slogan: Patagonia Sin Represas.