Nel corso dello scorso fine settimana, i tanti fenomeni temporaleschi che hanno bersagliato buona parte delle nostre regioni, ed in modo particolare quelle del centro-nord, fra Toscana, Veneto ed Emilia/Romagna, sono stati accompagnati anche da una miriade di fenomeni vorticosi. La rotazione delle nuvole temporalesche, indotta proprio dal cosiddetto “forcing” dinamico creato dalla stessa circolazione depressionaria isolatasi in quota, hanno creato le situazioni adatte per il verificarsi di tale fenomenologia. Molti di questi si sono formati in mare, come quella spettacolare tromba marina, nota anche con il termine “Waterspout”, osservata e fotografata a largo di Cesenatico la settimana scorsa, o quella più recente di ieri, sfilata di gran carriera davanti i litorali affollati di bagnanti del messinese tirrenico, da Capo Rasocolmo fino alla spiaggia di Mortelle.
Le situazioni sinottiche ideali alla formazione dei fenomeni vorticosi sulla pianura Padana, cosi come sulle coste del versante ligure e tirrenico, si ottengono solitamente in presenza di richiami d’aria calda e molto umida da SO e S-SO, mentre da Ovest o da NO, avanza un fronte freddo o un nucleo di aria più fredda in quota che scorre sopra l’aria calda e molto umida preesistente nei bassi strati, scalzandola verso l’alto e originando le forti turbolenze che favoriscono l’esplosione dei cumulonembi temporaleschi. Nubi imponenti, dall’aspetto torreggiante, che possono espandersi oltre i 12 km, sfondando fino ai limiti superiori della tropopausa. Durante l’autunno e l’inverno invece sono comuni i cosiddetti “Waterspout” che molto spesso si osservano durante il passaggio delle intense “Squall line pre-frontali” fra l’area del golfo di Genova, le coste tirreniche e adriatiche, e le zone costiere dello Stretto di Messina e del Canale d’Otranto. In sostanza qualunque moto ascendente che sia rapido e che abbia diverse velocità ai vari livelli troposferici è potenzialmente carico di moti vorticosi, che possono poi rappresentare un buon potenziale per produrre delle possibili trombe d’aria. La stragrande maggioranza dei fenomeni vorticosi che si vedono in Italia sono originati da “Shelf Cloud” molto attive e ben formate. In questi casi il moto rotatorio che forma la tromba d’aria viene innescato dal “Downdraft” associato alla precipitazione. In genere se il “Downdraft” annesso non ha intensità omogenea lungo tutta la “Shelf Cloud” essa può subire una inclinazione o addirittura una frattura per la diversa spinta da esso generato. L’inclinazione della “Shelf Cloud” può essere cosi spinta che una parte di essa può arrivare a toccare il suolo formando una tromba d’aria. L’evoluzione del fenomeno è cosi rapida che sovente si osserva la tromba d’aria già formata e sviluppata. In altre occasioni, ben più rare, le trombe d’aria o i “Waterspout” che si generano in seguito a forti turbolenze proprie della “Shelf Cloud” che riescono a sfondare e a raggiungere il suolo. Il moto rotatorio necessario per la formazione della tromba d’aria viene quasi generato dalla linea di demarcazione esistente tra la corrente ascensionale e quella discendente che non sempre origina “Shelf Cloud”. La linea di demarcazione insiste fino a quando la “Cella temporalesca” è attiva da avere contemporaneamente forti moti ascensionali e discendenti al proprio interno.