Dopo settimane duramente compromesse da condizioni meteorologiche estremamente instabili e inaffidabili, l’estate 2014 si avvicina al suo primo giro di boa, presentandosi come una stagione marcatamente dinamica e avvettiva, che ha regalato precipitazioni particolarmente abbondanti, soprattutto al centro-nord, in un contesto termico alquanto altalenante, inframmezzato da brevi pause calde anticicloniche (caratteristiche per la stagione) a periodi di tempo più fresco e instabile. Purtroppo bisogna ammettere che la classica “estate mediterranea”, quella che un tempo caratterizzava la bella stagione lungo i paesi dell’Europa meridionale, inclusa l’Italia, apprezzata in tutto il mondo per la sua mitezza, sta divenendo una rarità. C’è addirittura chi parla di un rischio di “estinzione” di quelle stagioni estive miti, ma al tempo stesso assolate, dominanti alle latitudini mediterranee, tanto da essere decantate in tutto il mondo.
Sempre più spesso negli ultimi anni le estati che hanno caratterizzato la fascia mediterranea sono state contraddistinte dalla latitanza dell’anticiclone oceanico delle Azzorre dal Mediterraneo, la figura barica termoregolatrice per eccellenza. Anche quest’anno, come vuole il trend degli ultimi 7-8 anni, l’alta pressione oceanica invece di distendersi con il proprio bordo orientale verso il mar Mediterraneo centro-occidentale, come avveniva spesso durante le classiche “estati mediterranee” dei decenni scorsi, tende a rimanere relegata in pieno Atlantico, propagandosi con i propri elementi verso le alte latitudini, fino a lambire l’Islanda, le coste più meridionali della Groenlandia e addirittura la Scandinavia, spingendo l’aria calda sub-tropicale marittima fino alle latitudini artiche, con intense ondate di calore che risalgono al di là del Circolo Polare Artico. La latitanza dell’anticiclone azzorriano fa in modo che sul Mediterraneo si viene a scavare una “lacuna barica” che può essere prontamente colmata dalla risalita dell’opprimente e caldo anticiclone sub-tropicale libico-algerino, o dalla discesa, fino al cuore del Mediterraneo, di profonde saccature, colme di aria fresca atlantica, che possono dare origine a intense fasi temporalesche, con fenomeni anche di forte intensità sulle nostre regioni centro-settentrionali.
In quest’ultimo caso l’aria fredda che scivola dalle latitudini sub-polari viene rapidamente trascinata fin sull’area del Mediterraneo dalla discesa di un ramo del “getto polare”. Questo sfasamento meteo/climatico, sempre più frequente negli ultimi anni, è indotto da una circolazione più meridiana, prodotta dal rallentamento della “getto polare” lungo le medie e alte latitudini dell’Atlantico settentrionale, durante la stagione estiva. In sostanza il “getto polare”, in estate, è sempre meno intenso, comportando la formazione di onde planetarie (le cosiddette “onde di Rossby”) sempre più grandi e stazionarie. Tale rallentamento di questa fortissima corrente aerea che domina nell’alta troposfera, a quote superiori ai 9000 metri, per molti climatologi e meteorologi è imputabile al sensibile rialzo delle temperature dell’aria, su valori nettamente positivi, in sede artica. Questo brusco innalzamento delle temperature nella regione artica ha comportato uno scioglimento anticipato del ghiaccio marino della banchisa, tanto da aprire vasti tratti di acque libere dai ghiacci, come capita sempre più frequentemente nel mare di Barents e in quello di Kara. Il rapido scioglimento e l’arretramento dei ghiacci marini del Polo Nord, come abbiamo già avuto modo di spiegare in precedenti articoli, origina delle pesanti conseguenze che si ripercuotono su scala globale.
Difatti, con lo scioglimento dei blocchi di ghiaccio marino che compongono la banchisa del mar Glaciale Artico (o oceano Artico), le aree soggette al cosiddetto effetto “Albedo” si riducono sensibilmente, causando a sua volta un indebolimento dei “gradienti termici orizzontali” e dei “gradienti di geopotenziali” fra la regione artica e la fascia temperata delle medie latitudini, li dove solitamente si localizza il “fronte polare”, luogo di nascita e sviluppo dei profondi cicloni extratropicali che assieme ai “Centri d’Azione” (anticicloni mobili e autonomi che si staccano dagli anticicloni principali che dominano sulle latitudini sub-tropicali) dettano l’andamento meteo/climatico alle nostre latitudini. Ma l’indebolimento dei “gradienti termici orizzontali” e dei “gradienti di geopotenziali” tra le medie e alte latitudini ha come primo risultato un sensibile indebolimento della portata del ramo principale del “getto polare”, con una sua conseguente ondulazione. Questo effetto contribuisce a stabilire degli impianti circolatori più meridiani che determinano intense ondate di calore e una persistenza delle anomalie termiche mensili su aree geografiche particolarmente vaste, rendendo le configurazioni barica molto più stabili nel tempo, anche per settimane o mesi. Ormai è assodato come il notevole riscaldamento dell’Artico in genere ha come prima ripercussione un notevole rallentamento del flusso zonale che domina lungo le medie latitudini, dirigendo l’andamento meteo/climatico sui vari continenti.
L’indebolimento delle correnti occidentale si avverte soprattutto alle quote medio-alte della troposfera, con un forte rallentamento del ramo principale della “getto polare”, che sovente si presenta fra i 30° e i 60° di latitudine nord e sud, ai confini fra la Cella di Hadley e di Ferrel. Perdendo buona parte della sua forma il “getto polare”, per una nota legge fisica, comincia ad ondularsi su se stessa creando delle grandi onde su scala planetaria, meglio note come le “onde di Rossby”. Le “onde di Rossby”, lunghe da 1.000 a 10.000 km, si formano con una precisa successione di tempi e tendono a muoversi da ovest verso est, con una velocità di propagazione che è direttamente proporzionale alla loro lunghezza e alla velocità media di spostamento delle correnti nell’alta troposfera.
Nel periodo primaverile ed estivo, quando inizia l’arretramento dei ghiacci marini della banchisa del Polo Nord e il vortice polare (caratterizzato da geopotenziali bassi alla quota di 500 hpa) comincia gradualmente ad indebolirsi e a restringersi su una determinata area del mar Glaciale Artico o si delocalizza fra l’Artico Russo e l’Artico Canadese in due “lobi” principali, le “onde di Rossby” tendono a rallentare la loro velocità di propagazione da ovest ad est, originando dei Pattern climatici abbastanza durevoli che potrebbero portare ad una maggiore probabilità di eventi meteorologici estremi che derivano da condizioni prolungate, come siccità, inondazioni, ondate di freddo o avvezioni d’aria calda con onde mobili di calore insistenti per intere settimane. Tale pattern climatico, enfatizzato dal rapido scioglimento dei ghiacci artici e dalla riduzione delle aree interessate dall’Albedo, ha favorito l’avvento cosi frequente di queste continue ondate di calore lungo la fascia temperata dell’emisfero boreale, agevolando la costruzione di ampi e robusti promontori anticiclonici di blocco sub-tropicali, ben strutturati in quota dalle ampie ondulazioni orarie, in seno al “getto polare”.