Salute: esporre le braccia al Sole rimedia alla carenza di vitamina D

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tintarellaL’Italia è il Paese del sole, ma non della vitamina D. Parola di esperti che sottolineano come nel Belpaese, e in altre zone del bacino Mediterraneo, la carenza di questo ormone essenziale per la salute delle ossa sia praticamente endemica: interessa fino all’86-90% degli ‘over 70’ e fino al 10% dei giovani adulti. Eppure basterebbe poco per migliorare la situazione: non bagni di sole in bikini, né tintarella forzata. Semplicemente far sì che le braccia vengano ‘baciate’ dai raggi solari per 5-30 minuti, nelle ore comprese tra le 10 e le 15 per due o tre volte a settimana. Il ruolo della vitamina D è uno dei temi ‘caldi’ al centro del terzo Congresso ‘Clinical Update in endocrinologia e metabolismo’ (Cuem), in partenza domani all’università degli Studi di Brescia, sotto l’egida della Società italiana di endocrinologia e con il patrocinio del Cnr e dell’Istituto superiore di sanità. Durante il meeting presieduto da Andrea Giustina, direttore della Cattedra di Endocrinologia nell’ateneo di Brescia, centro di riferimento a livello nazionale in questo campo, gli scienziati sottolineeranno l’importanza di “raccomandare uno stile di vita che preveda un’esposizione regolare ai raggi del sole, ricordando che la quantità di irradiazione necessaria alla sintesi di vitamina D è di molto inferiore a quella necessaria a stimolare l’abbronzatura”. Durante l’esposizione solare nei mesi più caldi, l’organismo fa ‘scorta’ di vitamina D che viene usata anche nei mesi invernali. Ma non sempre basta, soprattutto perché la capacità della cute di produrla si riduce progressivamente con l’età. Se l’80% del ‘contributo’ alla causa arriva dal sole, il 20% arriva dalla dieta. Tuttavia la lista dei cibi ‘alleati’ è scarna: olio di fegato di merluzzo, salmone, uova anche se in piccole quantità. In giro per il mondo, assicurano gli esperti, ci sono esperienze virtuose di Paesi che hanno affrontato ‘a muso duro’ il problema della carenza di vitamina D. E, a sorpresa, si trovano a Nord. Nel passaparola fra gli esperti è noto come il ‘paradosso scandinavo’: questi Paesi non sono avvantaggiati dalla latitudine, ma hanno tentato con successo di compensare la scarsa esposizione solare con la fortificazione degli alimenti con vitamina D, riducendo drasticamente la frequenza di ipovitaminosi D. “In Italia – osservano gli endocrinologi del Cuem – questa pratica socio-sanitaria è iniziata in maniera molto timida, ma sicuramente nei prossimi anni potrebbe diventare più incisiva”. Quando manca la vitamina D – considerata ‘oro’ per le ossa, per via della sua azione che favorisce l’assorbimento e regola il deposito di calcio – il rischio di fratture aumenta. “L’osso – spiega Giustina in occasione della presentazione del Congresso – risulta fragile. Una condizione simile all’osteoporosi. E il mix di queste due problematiche negli anziani è molto pericoloso”. Nelle persone carenti l’alta frequenza di ‘crack’ delle ossa è favorita anche da un altro ‘effetto collaterale’: con poca vitamina D anche la forza contrattile dei muscoli risulta alterata. Il messaggio degli scienziati è: questa carenza va corretta. E in generale il ruolo della vitamina D non va sottovalutato. A maggior ragione, concludono gli esperti, se si considera che studi recenti suggeriscono che la poca vitamina D potrebbe essere associata anche a malattie come diabete, ipertensione, infarto del miocardio, tumori maligni e malattie autoimmuni.

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