Tumori: in quarant’anni raddoppiate le guarigioni

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nastro tumoreAlla fine degli anni Settanta solo poco più del 30% delle persone colpite dal cancro sconfiggeva la malattia. Negli anni Novanta quasi il 47%, oggi circa il 60%. “Sono risultati importanti – afferma il prof. Francesco Cognetti, presidente della Fondazione ‘Insieme contro il Cancro’ -. Non si può più parlare di male incurabile. Sta cambiando la percezione della patologia da parte dei cittadini. Ma avvertiamo, anche nei media, la tendenza a definirla ancora con quella espressione fuorviante e allarmistica, dovuta a ignoranza. Per questo la nostra Fondazione, che compie il primo anno di attività, ha realizzato un libro dal titolo emblematico, Il male incurabile. I progressi nella lotta contro il cancro e il nuovo ruolo della comunicazione”. Il volume (168 pp., Intermedia Editore) è presentato oggi in un convegno nazionale al Ministero della Salute, con l’intervento del Ministro Beatrice Lorenzin. Nel 2013 in Italia si sono registrate 366mila nuove diagnosi. Il miglioramento delle percentuali di guarigione è evidente in neoplasie frequenti come quelle della prostata (91%), del seno (87%) e del colon-retto (64% uomini e 63% donne). “Il merito – continua il prof. Cognetti – è da ricondurre a terapie sempre più efficaci e alla diagnosi in fase precoce. Senza dimenticare le campagne di prevenzione: fino al 40% dei tumori può essere prevenuto seguendo uno stile di vita corretto (no al fumo, dieta corretta, attività fisica costante). Ma non ci siamo limitati a scattare una fotografia dei passi in avanti contro la malattia negli ultimi 40 anni”. La seconda parte del libro è dedicata alle interviste a 15 direttori di testate giornalistiche nazionali: Giulio Anselmi (ANSA), Bianca Berlinguer (Tg3), Mario Calabresi (La Stampa), Virman Cusenza (Il Messaggero), Ferruccio de Bortoli (Corriere della Sera), Roberto Iadicicco (AGI), Bruno Manfellotto (l’Espresso), Giuseppe Marra (AdnKronos), Ezio Mauro (la Repubblica), Mauro Mazza (Rai Sport), Clemente Mimun (Tg5), Andrea Monti (La Gazzetta dello Sport), Roberto Napoletano (Il Sole 24 Ore), Luciano Onder (Tg2) e Alessandro Sallusti (Il Giornale). “Abbiamo voluto capire – sottolinea il prof. Cognetti – come i media trattano l’argomento ‘cancro’, come deve essere oggi una corretta comunicazione ai cittadini su questo tema, quali rischi si corrono nel trattare queste notizie e quale ruolo devono svolgere i giornalisti per offrire la giusta lettura. Abbiamo dato la parola ai direttori e abbiamo chiesto loro di assumere un impegno preciso: cancellare l’espressione ‘male incurabile’ dalle testate di cui sono responsabili. Perché sappiamo che un’informazione corretta può rappresentare la prima medicina”. Negli ultimi decenni si è registrato un incremento costante delle persone con storia di cancro in Italia: erano meno di un milione e mezzo all’inizio degli anni Novanta, due milioni e mezzo nel 2012, circa tre milioni nel 2013. Nel 2020 saranno 4 milioni e mezzo. Lo scenario dell’oncologia è in rapida evoluzione: i tumori sono soprattutto una malattia dell’età avanzata e il numero di nuovi casi cresce in relazione al progressivo invecchiamento della popolazione. “Molti pazienti guariscono o cronicizzano la malattia ma sono ancora in tanti, in troppi a non riuscire a vincere la loro battaglia per la vita – spiega il prof. Cognetti -, nonostante i decisivi passi in avanti della scienza. Proprio per questo la Fondazione, attraverso azioni coese tra Istituzioni, associazioni di pazienti e medici, opinion leader e industria, intende dare un forte stimolo alla ricerca innovativa, alla necessaria uniformità di accesso alle cure, alla prevenzione, alla diagnosi e ai trattamenti di alta qualità. La prima parte del libro testimonia i cambiamenti nella lotta al cancro, con i capitoli dedicati ai numeri di casi, tumore per tumore, dai big killer a quelli più diffusi, per capire come si sta evolvendo la lotta al cancro, grazie alla ricerca e ai progressi terapeutici. Senza trionfalismi, ma con la giusta consapevolezza del lungo percorso che si è fatto fino ad oggi con risultati inimmaginabili solo pochi anni fa. Poi, a seguire, spazio alla prevenzione, che va adottata ‘senza se e senza ma’, a tutte le età ed anche ‘dopo’ il cancro per evitare nuove malattie”. “Numeri, statistiche, cifre, tabelle, che diventano vita vissuta nelle storie dei pazienti che ce l’hanno fatta – continua l’avv. Elisabetta Iannelli, segretario della Fondazione ‘Insieme contro il Cancro’ -, con le testimonianze di personaggi famosi ma tanto simili a quelle dei circa tre milioni di persone che continuiamo, con un termine bruttissimo, a chiamare ‘lungosopravviventi’. Noi che abbiamo combattuto contro il cancro e che, in alcuni casi, ci misuriamo con gli strascichi terapeutici, gli effetti collaterali a lungo termine, i controlli del follow up di questa malattia che è diventata cronica, rivendichiamo il diritto a riprenderci la vita tornando a condurre un’esistenza normale. Chiediamo il rispetto di diritti impensabili fino a pochi anni fa, come diventare genitori o tornare al lavoro, lontano da ogni discriminazione”.

Un capitolo del libro è dedicato proprio alle testimonianze dei pazienti. La necessità di affrontare la malattia senza nascondersi, con coraggio, nell’esperienza di Nicola Pietrangeli, il più forte tennista italiano di tutti i tempi. “La mia partita contro il cancro al colon è iniziata nel 1996 – afferma Pietrangeli -. Ed è stata vincente. Anche se non avrei mai pensato di poter soffrire di una malattia del genere. Soprattutto dopo una vita passata sui campi da gioco, allenandomi ogni giorno. Ero, in sostanza, ‘il ritratto della salute’. Il mio segreto fu quello di affrontare il tumore con il mio solito modo allegro di vivere, senza timore e senza nascondermi. A partire dalla parola: io dico ‘cancro’, perché non ho paura di chiamarlo con il suo vero nome. Purtroppo, ancora oggi si tende a etichettarlo come ‘male incurabile’: sono una delle tante testimonianze che vanno proprio nella direzione opposta, così come molte altre persone che conosco. Ovviamente, un’esperienza del genere non la auguro a nessuno. Ma, se dovesse succedere, è importante affrontarla di petto. Se dovessi consigliare qualcuno, direi di fare affidamento sulla forza di volontà e sulla determinazione, perché sono aspetti fondamentali. Piangersi addosso è inutile, soprattutto nei momenti peggiori. Ormai sono passati quasi due decenni dalla diagnosi, ma io sono tornato alla vita di tutti i giorni già da molto tempo. In qualche senso, è come rinascere”. Il valore della prevenzione nelle parole di Roberto Gervaso, giornalista e scrittore. “Disponiamo di test efficaci, molti sono gratuiti: sarebbe da sciocchi non effettuarli – sottolinea Gervaso -. Sono trascorsi quattordici anni da quando mi diagnosticarono il tumore alla prostata. Una persona che vive per tutto questo tempo dopo un cancro, non può far altro che smentire quelle affermazioni, frutto dell’ignoranza, che etichettano le neoplasie come ‘male incurabile’. Conosco persone che sono incappate nella mia situazione anche trent’anni fa, ma sono poi venute a mancare per ben altre cause. Ho reagito alla diagnosi come se avessi avuto una polmonite o un altro malanno comune. Sapevo che mi sarei dovuto sottoporre a certi trattamenti, alcuni impegnativi, ma, senza scoraggiarmi, ho indossato i panni del paziente. Anche perché il prezzo da pagare, in caso contrario, sarebbe stato ben più alto. L’esperienza con la malattia mi ha fatto capire ancora meglio di quale straordinario patrimonio disponiamo: il nostro Servizio Sanitario. Malgrado le difficoltà, si mantiene su livelli eccellenti”. La possibilità di convivere con la malattia nella testimonianza di Elisabetta Iannelli, che è anche vice presidente dell’Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMaC). “Avevo 24 anni e stavo completando i miei studi di giurisprudenza all’Università quando ho scoperto di avere il cancro al seno – conclude Iannelli -. Dopo un iniziale momento di sconforto, ho dovuto reagire. Il motto è diventato: ‘Il cancro ha cambiato la mia vita, io cambierò la vita con il cancro’. E su questo obiettivo ho deciso di concentrare tutte le mie energie. La malattia ti fa scoprire risorse che mai avresti creduto di avere. La ricerca ha reso disponibili trattamenti sempre più efficaci e mirati al bersaglio e nel mio caso, probabilmente, sono stati gli anticorpi monoclonali a fare la differenza. Il tumore deve incutere meno paura perché, anche quando non è possibile guarire definitivamente, in molti casi la malattia può essere tenuta sotto controllo diventando una patologia cronica. Da oltre venti anni vivo con questo scomodo ‘compagno di viaggio’”.

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