La cura non invasiva dei tumori tramite terapie a bersaglio molecolare è un importante sviluppo nella medicina oncologica, poiché queste agiscono direttamente su elementi biologici specifici della malattia, riducendo gli effetti collaterali delle attuali chemioterapie. I ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) e dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) a Milano hanno migliorato la comprensione di uno dei meccanismi genetici alla base della proliferazione di uno specifico tumore – una sottoclasse di linfoma – chiarendo il ruolo della proteina Myc e dei geni da essa regolati. La scoperta apre nuove vie di sviluppo terapeutico, quali nuovi farmaci antitumorali con azione mirata, riporta ‘Nature’.
Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori del Centro di scienze genomiche (Cgs) dell’Iit e del dipartimento di Oncologia sperimentale dello Ieo, coordinati da Bruno Amati, direttore del Cgs di Iit. Myc è una proteina che regola l’espressione di numerosi geni nel Dna. Tale ruolo è sintetizzato nel termine ‘fattore di trascrizione’: la presenza della proteina è fondamentale affinché il Dna possa attivare o meno alcune delle sequenze geniche che lo compongono, determinando il corretto funzionamento delle cellule. Si sa da tempo che Myc è uno degli oncogeni (i geni che inducono la crescita tumorale) più comuni in tumori di ogni tipo. Infatti un’ aumentata quantità della proteina Myc è spesso riscontrata nell’insorgenza delle malattie oncologiche, ed è legata in particolare alla proliferazione incontrollata delle cellule cancerose. I ricercatori di Iit e Ieo hanno analizzato il processo di trascrizione genica diretto dalla proteina Myc durante la progressione di un particolare tipo di linfoma, individuando i geni espressi in modo non corretto, proprio in presenza di una elevata quantità della proteina Myc. “Alcuni lavori scientifici recenti avevano avanzato la proposta che Myc agisse amplificando l’attività dei geni in maniera indiscriminata – spiega Amati – il nostro lavoro ridimensiona questa conclusione mostrando che in realtà la proteina Myc interviene in modo più specifico, regolando determinati geni, e che l’amplificazione della trascrizione, quando avviene, è un effetto indiretto dell’attività di Myc”.
Svelare il collegamento tra l’attività oncogenica della proteina Myc e l’espressione di gruppi specifici di geni bersaglio, è stato possibile grazie a un’analisi genomica dettagliata di un ceppo di topi transgenici portatore di un particolare tipo di tumore, il linfoma a cellule B. Tale neoplasia è caratterizzata da un elevato livello di Myc nei linfociti di tipo B (le cellule del sistema immunitario responsabili della produzione degli anticorpi), che si manifesta anche nell’uomo dopo specifiche alterazioni nel gene codificante la proteina Myc. L’osservazione dello sviluppo graduale del tumore nel modello animale ha permesso di studiare non solo le fasi tardive della malattia ma anche quelle precoci – che nello studio diretto sull’uomo non è possibile evidenziare – permettendo così una caratterizzazione più accurata ed estesa della funzione della proteina nell’induzione del tumore. “La nostra scoperta apre la strada a importanti sviluppi futuri sia scientifici che terapeutici – continua Amati – sarà fondamentale studiare in dettaglio i geni bersaglio identificati ed il ruolo degli stessi nello sviluppo e mantenimento del tumore. Inoltre potremo identificare i geni i cui prodotti (a loro volta altre specifiche proteine) potranno costituire bersagli per lo sviluppo di terapie mirate, portando all’eliminazione delle cellule tumorali. Per questa fase pre-clinica, ci baseremo sullo stesso modello animale usato nella presente pubblicazione.” Quando tali studi saranno conclusi, i ricercatori avranno individuato i geni sui quali concentrarsi per futuri sviluppi terapeutici nell’uomo.